Gesù, camminando, vede Matteo, un pubblicano, esattore incaricato di raccogliere le tasse per i romani. Per questo i pubblicani erano ritenuti uomini disonesti e disprezzati. Gesù si avvicina e lo chiama: «Seguimi». Matteo, a differenza di tanti uomini che si ritenevano religiosi e puri, subito si alza dal suo banco e si mette a seguire Gesù.
Da peccatore che era, diviene un esempio di sequela per i discepoli di ogni tempo. E, con il Vangelo che porta il suo nome, è divenuto anche guida per tanti. Anche noi seguiamo questo pubblicano e peccatore che ci conduce verso la conoscenza e l’amore del Signore Gesù.
Matteo invita subito Gesù a un banchetto. Vi accorrono anche i suoi amici pubblicani e anche alcuni peccatori. Alcuni farisei, scandalizzati da questa scena, dicono ai discepoli: «Come mai il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?». Gesù interviene direttamente nella polemica con un proverbio: «Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati». Per lui, infatti, non c’è mai una divisione manichea tra buoni e cattivi, tra giusti e peccatori.
Gesù vuole solo spiegare qual è la sua missione: egli è venuto per aiutare e per guarire, per liberare e per salvare. E aggiunge una citazione tratta dal profeta Osea: «Andate e imparate che cosa vuol dire: Misericordia io voglio e non sacrifici». Nel testo del profeta (Os 6,6) il termine «sacrificio» si riferisce alle pratiche cultuali.
Per Gesù non sono i riti che salvano ma la misericordia di Dio. Per questo lo seguono coloro che sentono il bisogno di Dio che guarisca le loro ferite e li soccorra nei loro peccati. E, avvicinandosi ancora di più a ognuno di noi, Gesù aggiunge: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». |