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san Gennaro all'Olmo - Napoli
la Bibbia
Nuovo Testamento
Libro del profeta Isaia
 
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Introduzione al libro di Isaia

Il libro di Isaia è cresciuto nei secoli. Esso non contiene solo le parole dell’omonimo profeta vissuto nella seconda metà dell’ottavo secolo, ma anche parole di altri profeti, che hanno comunicato la Parola di Dio in tempi difficili per Israele.

Il libro si divide generalmente in tre grandi parti: 1) i capitoli da 1 a 39, attribuiti al profeta Isaia; 2) i capitoli da 40 a 55, opera di un profeta vissuto nel periodo dell’esilio babilonese (dal 586 al 538) e chiamato Secondo Isaia o Deutero Isaia; 3) i capitoli da 56 a 66, attribuiti a un profeta vissuto nel periodo dopo l’esilio a Gerusalemme e chiamato Terzo Isaia.

Si tratta di un percorso lungo più di due secoli, segnato da numerose guerre e distruzioni. Il Regno di Israele, cioè lo Stato del Nord con capitale Samaria, viene distrutto dagli assiri nel 721 a.C., mentre quello di Giuda, lo Stato del Sud con capitale Gerusalemme, viene distrutto dai babilonesi in due successivi momenti, nel 598 e nel 587.

La guerra significava distruzione, deportazione, povertà. Isaia esperimenta la minaccia di guerra e vive la profonda ingiustizia dei ricchi nei confronti dei poveri. La profezia è chiamata a smascherare la crudeltà del male e la complicità degli uomini. Nello stesso tempo però è anche una parola di speranza per un futuro diverso.

Il profeta annuncia la nascita di un re, inviato da Dio, il quale ristabilirà la giustizia e porterà la pace (Is 7; 9; 11). Anche Gerusalemme sarà rinnovata (1, 21-26). È necessario però che il popolo di Israele non confidi in se stesso ma solo in Dio.

Isaia avverte un popolo orgoglioso e anche rassegnato: “Nella conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell’abbandono confidente sta la vostra forza” (30, 15). Sulla scia di Isaia, nel periodo dell’esilio, un altro profeta rivolge ai deportati in Babilonia parole di consolazione. Era ovviamente un momento decisamente triste per il popolo esiliato.

Ma il Secondo Isaia non smette di esortare alla fede nel Dio creatore e salvatore. Il profeta afferma l’unicità esclusiva di Dio di fronte agli idoli di Babilonia, opera della mano dell’uomo. Sarà il Signore a liberare il suo popolo dalla deportazione, inaugurando un nuovo esodo verso Gerusalemme.

Un gruppo di testi particolari sono costituiti dai cosiddetti “canti del servo sofferente” (42, 1-9; 49, 1-6; 50, 4-9; 52, 13-53, 12). Il servo del Signore nella sua obbedienza a Dio sarà salvato e diventerà causa di salvezza per molti. Infine il Terzio Isaia, che comprende i capitoli da 56 a 66, si rivolge a una comunità che era rientrata in Gerusalemme dall’esilio ma era divisa in partiti e fazioni.

Il profeta si chiede a voce alta chi potrà far parte della comunità del Signore. E la risposta è chiara e ammonitrice: coloro che scelgono di camminare nelle vie di Dio e di non seguire se stessi. E nel testo si annuncia la nascita di una nuova comunità, dove ci sarà posto anche per lo straniero e l’eunuco (56, 1-6) e nella quale il povero sarà considerato un fratello (58, 7-12).

Nei testi appaiono anche le tensioni tipiche del periodo postesilico, in cui il tentativo di definizione dell’identità di Israele in un mondo complesso conduce talvolta alla separazione. Così, mentre nel nucleo centrale costituito dai capitoli 60-62 il profeta annuncia il pellegrinaggio dei popoli verso Gerusalemme, aprendosi a una dimensione universale, alla fine del libro prevale una concezione più esclusivista della salvezza.