Sito
La Parola e la vita - Napoli

2
la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 28/04/24

Domenica 5ª di Pasqua
 
 

Letture: Atti 9,26-31; Salmo 21; 1Giovanni 3,18-24; Giovanni 15,1-8.

 

Dal Vangelo di Giovanni capitolo 15, versetti da 1 a 8

Gesù disse ai suoi discepoli: 1«Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. 5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla.

6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.


UNA FAMIGLIA SENZA CONFINI E SENZA TEMPO


Gesù disse ai discepoli: «Io sono la vite vera, voi i tralci.
Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto»

«Rimanete in me e io in voi»

È la sera dell’ultima cena, alla vigilia della sua morte, quando Gesù rivela ai discepoli il suo desiderio più profondo: «rimanete in me». Dopo aver lavato loro i piedi egli pronuncia queste parole: «Io sono la vite vera, voi i tralci». In loro deve scorrere la linfa che proviene da lui se vogliono portare frutti: «chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla». Se mantengono saldi in quello che hanno appreso e vissuto assieme a lui, la loro vita sarà feconda.

Per questo Gesù chiede e ripete più volte: «rimanete in me e io in voi; come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me». Separati da Gesù, noi suoi discepoli non possiamo nulla e per questo chiede che «le sue parole rimangano in loro», che vivano del suo vangelo, la fonte alla quale dissetarsi.

Tanti hanno vissuto rimanendo uniti a Gesù

Nella storia della Chiesa troviamo che tutti quelli che hanno vissuto queste parole hanno fatto molto frutto. In epoche diverse, dagli inizi delle prime comunità cristiane, dopo la Pasqua e fino ai giorni nostri abbiamo continue testimonianze della verità delle parole di Gesù. È l’esperienza vitale con lui, la conoscenza intima di lui, il legame con lui che rende feconda la vita dei discepoli di ogni tempo.

La scelta decisiva è «rimanere in lui». Se la linfa di Gesù risorto scorre nelle nostre vite sperimentiamo la gioia, la creatività, il coraggio di vivere come ha vissuto lui. Se non fluisce in noi, siamo tralci secchi. Se le sue parole rimangono in noi, la familiarità con i vangeli ci conduce poco a poco a vivere come lui, entriamo in sintonia con lui, le sue parole ci trasmettono il suo amore per il mondo, ci infondono il suo spirito.

Il dinamismo che sgorga dal Vangelo

È da questa familiarità che nasce la comunione fraterna, l’incontro e il legame con i poveri, l’avere un cuore solo e un’anima sola di cui ci parla il libro degli Atti; il rimanere con lui, meditare le sue parole ci fa crescere nell’amore e nella fraternità con tutti, ci fa aprire nuove strade e pensare a nuove iniziative di fronte alle nuove domande, ai nuovi bisogni ai quali dare risposte: «le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita» aveva detto Gesù ai discepoli in altra occasione (Gv 6,63). E noi lo sperimentiamo.

È il dinamismo che sgorga dal Vangelo, che lo Spirito di Gesù suscita anche nel nostro tempo. E così continuiamo a scrivere la storia di amore del Signore per i poveri i malati, le donne, i bambini, gli scartati e per i suoi discepoli, di cui anche noi facciamo parte. In questo mondo che ha dimenticato la fraternità e la considera qualcosa di ingenuo o inutile, essa tiene insieme le differenze e fa superare schemi e modelli che portano alla solitudine e all’amarezza.

La comunione con Dio ci fa riconoscere fratelli e sorelle

L’immagine della vite e dei tralci ci mostra l’unità dei discepoli con lui. Noi siamo legati a lui come i tralci alla vite. È dal tronco che arriva la linfa ai tralci e possono portare frutto. La linfa che tiene in vita la comunità cristiana è l’amore di Gesù, è la comunione tra il Padre e il Figlio alla quale siamo chiamati a partecipare. Il Vangelo ci fa entrare nella comunione di Dio che ci fa vivere la comunione con tutti gli uomini, a partire dai più deboli e bisognosi. «Rimanete in me» - continua a ripetere anche a noi il Signore - «chi rimane in me porta molto frutto».

Intenzioni di preghiera

1) Perché Gesù, che è la "vite vera", ci aiuti ad essere tralci fecondi, nella gioiosa fedeltà ai suoi insegnamenti.

2) Per Papa Francesco e per la Santa Chiesa, perché sull’esempio della prima comunità, sia sempre aperta ad accogliere la novità dello Spirito, superando ogni paura. Per il nostro vescovo Domenico.

3) Per tutti i cristiani, perché radicati nell'ascolto della Parola di Dio, comunichino a tanti la gioia della Resurrezione. Per quelle comunità che in tante parti del mondo sono più esposte ai pericoli e alle persecuzioni.

4) Per tutti quei popoli angustiati dal male della guerra: per l’Ucraina, Gaza, Israele, il Sudan. Perché il Signore doni la pace, faccia trovare le vie della riconciliazione, ispiri i cuori alla concordia. Per la liberazione di tutti quelli che sono sequestrati.

5) Per i malati: per quanti soffrono nel corpo e nello spirito, perché uniti al Signore trovino luce, salvezza e consolazione.