Domenica 30ª del tempo ordinario /C

28
ottobre
2001
Letture bibliche: Siracide 35,12-14.16-18; salmo 33; 2Timoteo 4,6-8.16-18; Luca 18, 9-14.

il fariseo e il pubblicano

dal Vangelo di Luca cap. 18, versetti 9-14

9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri: 10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.
11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adulteri, e neppure come questo pubblicano. 12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.
13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.
14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".

PREGANDO DIO IMPARIAMO DA LUI
A GUARDARE GLI UOMINI

La vicinanza che Dio ci insegna

Il Vangelo di oggi ci fa fermare su questi due uomini che ci presenta Gesù, fotografati mentre stanno pregando: un fariseo e un pubblicano, cioè un pio ebreo osservante della legge di Dio e un peccatore amico dei romani che avevano occupato la Palestina.

Nella preghiera del primo vediamo un uomo che conta sulle proprie opere buone e non ha pietà e comprensione verso quel peccatore che prega più indietro; nella preghiera del secondo che sta a distanza, confuso e con un po' di vergogna vediamo un uomo che implora misericordia da Dio.

Quante preghiere in questi giorni salgono al Signore da ogni parte della terra! Fra queste ci sono grida di aiuto provenienti soprattutto da chi ha subito violenza, da chi vive in preda alla paura e al terrore, da chi fugge dalle terre dove c'è la guerra, come in Afghanistan, in Medio Oriente. C'è odio e violenza in tanti angoli del mondo. E questo odio provoca lutti, dolori, distruzione.

Dalla parola di Gesù impariamo a non compiacerci di noi stessi ma a scrutare lo sguardo misericordioso di Dio verso quel peccatore che si batte il petto. A lui il Signore guarda con compassione e misericordia. La parola con cui Gesù conclude la parabola è scandalosa e sconcertante per noi, come è sconcertante l'amore di Dio verso i peccatori che Gesù ci fa conoscere.

Il fariseo sta pregando davanti a Dio, eppure ne è tanto lontano, perché quel Dio a cui si rivolge è tanto vicino a quell'uomo che egli disprezza e da cui si tiene a distanza.

Una mentalità che il Signore converte mentre preghiamo

Penso che quando ci presentiamo a Dio nella preghiera, ci portiamo tutta una visione di noi stessi, dei fratelli che camminano con noi nella via del Vangelo e degli uomini e donne di questo mondo - vicini e lontani - , una visione che il Vangelo di oggi ci invita a verificare e a convertire.

È questo il senso del nostro ritornare continuamente all'ascolto della parola di Gesù. Consegnandoci umilmente al Signore, come quel peccatore della parabola che si affida a Dio e implora misericordia, noi gli permettiamo di agire all'interno dei nostri cuori, lasciando che lentamente i nostri pensieri e i nostri sguardi seguano i pensieri e gli sguardi di Dio.

È bella questa rieducazione della mente e del cuore che il Signore ha intrapreso con noi e che passa attraverso l'ascolto della sua Parola, la riflessione su di essa; e sui tanti incontri che il Signore ci fa vivere a cominciare da quelli con i nostri amici più poveri.

Ma c'è bisogno di verificare come quest'opera del Signore penetra in ciascuno e ci trasforma. Vanno rivisitati i nostri incontri con i poveri, i pensieri che abbiamo su di loro; i nostri sguardi su questo mondo, su quello che accade, sugli stranieri che vivono nella nostra terra, su quelli che vivono una religione diversa dalla nostra: vanno verificati alla luce di questa risposta di Gesù alla fine della parabola che anche a noi appare sconcertante e scandalosa.

Lo sguardo e i pensieri di quel fariseo che sta davanti al Signore mettono in luce una sua distanza dagli altri uomini, una distanza da colmare; quella distanza che in Dio è una vicinanza, è l'amore suo verso i lontani e gli oppressi.

La nostra preghiera insistente per la pace, per i profughi, per gli anziani, per i malati, per i condannati a morte, colma la distanza fatta di estraneità verso questi fratelli che soffrono e ci avvicina a loro.

Che ognuno di noi aprendosi alla misericordia del Signore sperimenti la sua giustizia fatta di amore, di perdono, di comprensione e possa sentire come vera per sé la parola di Gesù: "Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".


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