Domenica delle Palme
8 aprile 2001
Letture bibliche: Isaia 50 4-7; Salmo 21; Filippesi 2, 6-11; Luca 22,14 - 23,56.

Vangelo dell'ingresso in Gerusalemme
Luca capitolo 19, versetti 28-40.

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo: 30«Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui. 31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno». 32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto. 33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché sciogliete il puledro?». 34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno».
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù. 36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto dicendo: 38 «Benedetto colui che vione, il re, nel

nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».
39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: «Maestro, rimprovera i tuoi discepoli». 40Ma egli rispose: «Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre».

ACCOGLIAMO IL SIGNORE CHE HA DATO SE STESSO PER NOI

Gioia e dolore

Domenica delle Palme e della Passione del Signore: sono i due volti di questa domenica che ci fa entrare nella Settimana Santa.

Da una parte la festa e la gioia di accogliere il Signore che entra in Gerusalemme, in modo mite e mansueto, cavalcando un asinello chiesto in prestito. Dall'altra la storia della sua passione e morte. Gesù ama Gerusalemme, egli ama il suo popolo, ama gli uomini. Tutta la sua vita, tutte le sue parole ce lo dicono chiaramente. E per tutti noi si dona fino alla morte in croce.

Ogni domenica i cristiani esprimono la gioia di accogliere il Signore quando cantano nella liturgia le stesse parole della folla e dei discepoli, al momento di entrare nella memoria della cena del Signore, dopo aver proclamato che Dio è santo, anzi tre volte santo: "Santo, santo santo … Benedetto colui che viene nel nome del Signore…". Ma proclamano anche: "Annunciamo la tua morte, Signore …".

Gesù non si stanca di parlare al popolo che lo cerca: "tutto il popolo veniva a lui di buon mattino nel tempio per ascoltarlo" (Luca 21,38). Questo dialogo lo continua con i suoi discepoli quando parla loro intimamente intorno alla tavola: "ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione…" (22,15). E a tavola, nonostante quei momenti molto difficili per lui, promette di restare con loro: "questo è il mio corpo; fate questo in memoria di me". È la nuova alleanza che noi celebriamo ogni domenica. Lui resta con noi, non ci lascia soli.


Dio
non si dimentica degli uomini

Di fronte alle preoccupazioni e ai dubbi che tutto possa finire, i discepoli non saranno dimenticati. Il Signore non dimentica nemmeno un bicchiere d'acqua dato ad uno di loro. Dio non si dimentica, come fanno gli uomini anche con i loro migliori amici, con i benefattori, con i loro figli.

Possiamo fidarci di quest'uomo che nella passione sembra vinto e condannato? Quando il pastore viene colpito, ci prende la paura e ognuno pensa di andare per la propria strada.


Non spegniamo quel sogno


A volte si prova fastidio per la parola di Gesù, per una speranza molto grande, per un sogno troppo largo, per un'amicizia troppo impegnativa. I farisei e gli scribi non lo vogliono più sentire. Giuda non lo vuole più sentire e si trova in sintonia con loro. Gesù coi suoi sogni può portare turbamenti tra il popolo, difficoltà con i romani che hanno occupato la Palestina. Meglio un po' di denaro invece che sogni e promesse. Con un bacio, che pare un gesto d'affetto, Giuda tradisce Gesù. Ma Gesù non gli vuol male, nel vangelo di Matteo lo chiama "amico!".

Viene arrestato. Egli rifiuta la logica della risposta violenta. E ai discepoli dice: "Lasciate, basta così!". Anche davanti a Pilato non si difende, nemmeno con la violenza delle parole.

Di fronte al male che sembra scatenarsi anche a noi vengono dubbi: forse ha ragione il nostro mondo consumista che riduce la gioia solo a qualche momento, a qualche oggetto da possedere, a qualche situazione passeggera?


Forza
e
debolezza


I discepoli stessi, durante la passione, di fronte alla congiura del male, si scoprono deboli e paurosi. Pietro che poco prima aveva detto al Signore "Signore, con te sono pronto ad andare in prigione e alla morte", ora è terrorizzato dalle parole di una donna, quando sente dire: "Anche questi era con lui".

Non capire, non vedere, non riconoscere la propria debolezza. Non si crede ad essa. Molti hanno un'idea troppo alta di sé, proprio non capiscono. E di fronte alla difficoltà si agitano, si tirano indietro. Dice il Salmo 73: "Quando si agitava il mio cuore e nell'intimo mi tormentavo, io ero stolto e non capivo, davanti a te stavo come una bestia".

La passione del Signore chiama noi cristiani a dire basta alla nostra testardaggine, al riporre ancora la fiducia in noi stessi. Siamo chiamati a stare vicino ad un uomo che soffre, a compatire Dio che soffre. Ogni Pasqua è il tempo per ascoltare di più, capire di più, amare di più, comprendere nel profondo questo amore che vince la violenza, il dolore e la morte.


Cercare
la forza
nella
preghiera


Come si fa?

Abbiamo da imparare sempre dal Signore. Davanti alle ore della passione egli si ritira a pregare nell'orto degli Ulivi e chiede ai discepoli di fare altrettanto. La preghiera è il primo modo per essere forti nell'amore di fronte alla violenza e al male. La preghiera ci rende più forti.

Abbiamo cercato di più il Signore nella preghiera durante il tempo di questa Quaresima. E sappiamo che egli ci ascolta in quello che gli chiediamo. Bisogna continuare a pregare il Signore in questi giorni, accompagnandolo da vicino.

Gesù viene arrestato con tradimento, viene oltraggiato, processato dal tribunale del Sinedrio e poi davanti a Pilato ed Erode. E viene condannato davanti a quelli che gridavano più forte: "A morte costui! Dacci libero Barabba! Crocifiggilo, crocifiggilo!". Viene schernito anche mentre sta per morire.

Le ultime parole del Signore sono di abbandono confidente nel Padre: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito". Ma prima di morire riesce a dire una parola di accoglienza anche a un malfattore.


Il volto del crocifisso


Nel volto di Gesù in croce riconosciamo il volto di chi oggi è torturato, prigioniero, condannato a morte. Il sangue di Gesù si unisce a quello dei tanti giusti e innocenti da Abele fino ai nostri giorni.

Sulla croce vediamo l'impero delle tenebre scatenarsi. Ma la liturgia ci dice che la morte non è l'ultima parola. Davanti alla morte di quell'uomo in croce un centurione, a capo di un gruppo di quei torturatori, dice: "Veramente quest'uomo era giusto". Le folle ricominciano a ripensare l'accaduto e a battersi il petto. Giuseppe, membro del Sinedrio, che aspettava il regno di Dio, chiede con coraggio il corpo di Gesù a Pilato. Un piccolo corteo di donne amiche accompagna Giuseppe mentre porta quel corpo nella tomba.

Il male e la morte non possono vincere. Per questo i discepoli si avvicinano con passione a chi soffre. Per questo i cristiani amano i poveri, i vinti, i malati, i sofferenti, gli anziani, quelli che non hanno niente da dare in cambio.

La croce di Gesù ci porta a diventare più maturi nella fede, ci aiuta a comprendere la vita, a vivere credendo e amando. La passione di Gesù ci chiama a diventare più umani, ad essere fiduciosi nel Signore, che non rimane nella tomba ma ritorna alla vita, una vita che non conosce tramonto.


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