vangelo

 

 

 

 

 

"nei suoi giorni fiorirà la giustizia e abbonderà la pace"
dal salmo 71

dal vangelo di Matteo cap. 2, 1-12

Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo". All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia. Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero il più piccolo capoluogo di Giuda: da te uscirà infatti un capo che pascerà il mio popolo, Israele. Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo". Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.

La festa dell'Epifania ci chiama a riconoscere il Signore presente nella nostra vita, a vedere in lui la rinascita della nostra vita, dei nostri quartieri e delle nostre città. E anche della nostra Europa.

Queste parole non ci sembrino strane, esagerate. La luce della stella che vedono i Magi in Oriente per noi è la luce del Vangelo che ci porta a incontrare il Signore. Ma chi incontra il Signore è chiamato ad andare lontano, molto lontano, è chiamato a sognare: per la propria vita e per questo nostro mondo.

Abbiamo visto lungo quest'anno folle innumerevoli che si sono riversate a Roma per il Giubileo, che si chiude proprio oggi, 6 gennaio. Molti guardavano con scetticismo a questa celebrazione. Ma le giornate dei giovani nel mese di agosto, e di tanti che sono venuti a celebrare il Giubileo, parlano al cuore nostro. Ci parlano di questo bisogno dell'uomo, di questo uomo occidentale sazio e progredito, che pure è insoddisfatto: il bisogno di amore, di pace, il bisogno di Dio.

Nel Vangelo si parla di Gerusalemme, la città dove giungono i Magi chiedendo: "dov'è il re dei Giudei che è nato?". Ma la città si turba insieme con i suoi capi. Alcuni sanno anche dire ai magi che devono andare a Betlemme dove avrebbero trovato colui che cercavano, ma nessuno di essi si muove per andare con loro.

Vediamo qui l'immagine di persone chiuse in se stesse, che non sperano, non aspettano nulla di nuovo, hanno paura e per questo si rinchiudono. Davanti a questo vangelo dell'Epifania noi vogliamo essere come i pastori, come i magi che riconoscono Dio presente in quel bambino e da lì ripartono per un nuovo tempo della loro vita.

I doni dell'oro, dell'incenso e della mirra che i magi offrono hanno un significato: noi ti riconosciamo come il Signore nostro, a te vogliamo rivolgerci nella preghiera, e ti accogliamo come uomo venuto a trasformare la nostra vita umana.

Di fronte alla vocazione triste a chiudermi in me stesso, sentiamo l'invito a uscire da questa chiusura e cercare la gioia del diventare un "noi" attorno al Signore, un noi che non si chiude nella paura, come Erode e gli abitanti di Gerusalemme; un "noi" che attorno a quel bambino vuole crescere in noi e riprendere a sognare, a vedere un futuro bello e ricco per tutti.

Le parole del profeta Isaia le sentiamo rivolte a noi, raggiunti dalla luce del Vangelo che ci fa unire attorno al Signore: "Alzati, rivestiti di luce, … la gloria del Signore brilla sopra di te" (Isaia 60,1).

La nostra società non parla di Dio, vive come se Dio fosse morto, al massimo usa i momenti religiosi per fare spettacolo. Noi accogliamo l'invito del profeta ad alzarci, a rivestirci della luce del Vangelo e parlare, comunicare la vita del Vangelo agli uomini del nostro tempo.

Non vogliamo essere spettatori passivi, ma guardare a questo nuovo secolo e millennio che inizia, come a un tempo in cui intervenire per incidere nella storia.

Leggiamo la venuta di tante persone per il Giubileo come la domanda di essere accolti dalla parola nuova del Vangelo. Guardiamo intorno a noi per cominciare a decifrare le domande che sono scritte sul volto di tante persone che vengono, chiedono e non sempre trovano persone in grado di rispondere.

Facciamoci accoglienti, spinti dal fuoco di amore che nasce dal Vangelo, che diventa forza in ciascuno di noi. "Alza gli occhi intorno e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te" Isaia 60,4).

Come persone che ascoltano il Vangelo, che si riuniscono nel giorno del Signore come discepoli suoi, noi siamo in questa società lo "spazio di Dio": questo deve essere la Chiesa nel mondo moderno. Uno spazio aperto, che manifesta la gioia di vivere amando, accogliendo chi è più povero e piccolo, chi è straniero, senza farsi prendere dalla paura, dal turbamento e arroccarsi su se stessi.

I magi, dopo aver riconosciuto e adorato il Signore in quel bambino "per un'altra strada fecero ritorno al loro paese". Dall'incontro col Signore e col Vangelo nasce un'anima nuova, un cammino nuovo che ci porta incontro agli altri, che ci porta ad amare di più, con la voglia di parlare al cuore della gente con il Vangelo.

Per la strada del Vangelo noi camminiamo verso una società che abbatte i muri, che si apre all'amore, che va verso il regno di Dio.

 

 

 

 

 

6 gennaio 2001 - Epifania del Signore
Verso una società senza muri

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