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Libro dei Salmi
 

Giovedì 22 novembre

Salmo 142. Confido nel Padre celeste

 

Memoria della Presentazione al Tempio della Madre del Signore. Questa festa, nata a Gerusalemme e celebrata anche in Oriente, ricorda insieme l’antico tempio e l’offerta al Signore che Maria fece della sua vita.

 

2 Con la mia voce al Signore grido aiuto, con la mia voce supplico il Signore; 3 davanti a lui effondo il mio lamento, al tuo cospetto sfogo la mia angoscia. 4 Mentre il mio spirito vien meno, tu conosci la mia via. Nel sentiero dove cammino mi hanno teso un laccio.

5 Guarda a destra e vedi: nessuno mi riconosce. Non c’è per me via di scampo, nessuno ha cura della mia vita. 6 Io grido a te, Signore; dico: Sei tu il mio rifugio, sei tu la mia sorte nella terra dei viventi.

7 Ascolta la mia supplica: ho toccato il fondo dell’angoscia. Salvami dai miei persecutori perché sono di me più forti.

8 Strappa dal carcere la mia vita, perché io renda grazie al tuo nome: i giusti mi faranno corona quando mi concederai la tua grazia.

 
 

La tradizione giudaica ha messo in bocca a Davide, “quando era nella caverna” di Abullam (1 Sam 22,1), il grido di aiuto che esprime questo salmo. In effetti il salmo esprime una supplica accorata di chi non trova davanti a sé alcuna via di scampo. L’angoscia del salmista è grande, tanto che neppure chiede a Dio la punizione dei nemici. Grida piuttosto: “Ho toccato il fondo dell’angoscia” (v. 7).

Tuttavia, come accade a chi crede, è più grande ancora la fiducia nel Signore: “Sei tu il mio rifugio” (v. 6). Il salmista sembra raccogliere le tante angosce che incontriamo nella nostra vita. C’è l’angoscia di chi è scoraggiato e sconfortato per le difficoltà che incontra: “Davanti a lui effondo il mio lamento… mentre in me l’animo vien meno” (v. 4). Vi è l’angoscia di chi si trova il suo cammino sbarrato in tutte le direzioni, senza possibilità di uscita, né a destra né a sinistra, né in avanti né indietro (vv. 4b-5).

Non manca l’angoscia della solitudine, quando nessuno ti riconosce e nessuno si prende cura di te (v. 6). E poi l’angoscia della persecuzione (v. 7) e della prigione (v. 8). Ebbene, quando la strada della vita sembra sbarrata e l’ostilità si presenta da ogni lato, una sola è via di scampo: guardare in alto e aggrapparsi al Signore. È ciò che il salmista fa e insegna a fare a ciascun credente. Egli la fa gridando, supplicando, lamentandosi, sfogandosi. Sa che solo in Dio può porre la sua fiducia e solo davanti a Lui le ragioni dell’angoscia possono dissolversi.

Il Signore, infatti, conosce la nostra vita, si prende cura di noi e non ci lascia soli. Accoglie anche il nostro lamento e, comunque, salva dai persecutori e libera dal carcere di questo mondo. Francesco d’Assisi, mentre il 3 ottobre del 1226 stava morendo, volle recitare interamente questo salmo.

Scrive Bonaventura: “Egli, poi, come poté proruppe nell’esclamazione del salmo: Con la mia voce al Signore io grido; con la mia voce al Signore io supplico! E lo recitò sino al versetto finale: Mi attendono i giusti per il momento in cui mi darai la ricompensa”.