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Libri Sapienziali - Giobbe
 
 

Martedì 26 maggio

Giobbe 25 e 26. Onnipotenza di Dio e parole all’aria di Bildad
  Memoria di san Filippo Neri (1515-1595), “apostolo di Roma”.
 

Bildad il Suchita prese a dire: 2 V’è forse dominio e paura presso Colui Che mantiene la pace nell’alto dei cieli? Si possono forse contare le sue schiere?E sopra chi non sorge la sua luce?Come può giustificarsi un uomo davanti a Dio e apparire puro un nato di donna?Ecco, la luna stessa manca di chiarore e le stelle non sono pure ai suoi occhi: quanto meno l’uomo, questo verme,l’essere umano, questo bruco! Giobbe rispose:

2 Quanto aiuto hai dato al debole e come hai soccorso il braccio senza forza!Quanti buoni consigli hai dato all’ignorante e con quanta abbondanza hai manifestato la saggezza! A chi hai tu rivolto la parola e qual è lo spirito che da te è uscito? I morti tremano sotto terra, come pure le acque e i loro abitanti. Nuda è la tomba davanti a lui e senza velo è l’abisso. Egli stende il settentrione sopra il vuoto,tiene sospesa la terra sopra il nulla. Rinchiude le acque dentro le nubi,e le nubi non si squarciano sotto il loro peso. Copre la vista del suo trono stendendovi sopra la sua nube. Ha tracciato un cerchio sulle acque, sino al confine tra la luce e le tenebre. Le colonne del cielo si scuotono,sono prese da stupore alla sua minaccia. Con forza agita il mare e con intelligenza doma Raab.

Al suo soffio si rasserenano i cieli,la sua mano trafigge il serpente tortuoso.Ecco, questi non sono che i margini delle sue opere;quanto lieve è il sussurro che noi ne percepiamo!Ma il tuono della sua potenza chi può comprenderlo?

 
 

I due capitoli sono trattati diversamente dagli studiosi, alcuni dei quali preferiscono spostare una parte del capitolo 26 (dal versetto 5) alla fine del capitolo 25, attribuendolo a Bildad. Senza dubbio essi presentano una certa incongruenza nella successione delle parole di Bildad e Giobbe. Lasciando tuttavia l’ordine con cui la Bibbia ha voluto tramandarceli, proviamo a interpretare questa difficile composizione.

Bildad ripropone cose già dette, mettendo Giobbe di nuovo di fronte alla piccolezza dell’uomo davanti a Dio e alla sua opera. Come può l’essere umano - sostiene Bildad - pretendere di essere giusto e senza peccato, quando la sua vita vale così poco? Giobbe però non voleva affermare la sua grandezza davanti al Signore, ma solo chiedere a Dio una risposta a tanto male che si era abbattuto sulla sua vita. È questo che non comprendono gli amici, come avviene quando si cercano ragioni per giustificare il male senza preoccuparsi di essere vicini a chi è stato colpito da esso. Ogni giorno assistiamo al prevalere di questa mentalità che si contorce in giudizi e condanne, e non sa fermarsi vicino a chi soffre.

Giobbe tuttavia non si perde d’animo per l’incomprensione di Bildad. Innanzitutto risponde ironicamente all’amico invitandolo a riflettere sul suo comportamento nei confronti dei bisognosi (vv. 2-4), poi canta l’onnipotenza divina, parlando della creazione e del dominio di Dio sul creato e sulle potenze del male. Il mare, Raab e il serpente tortuoso sono simboli della forza del male che insidia l’opera di Dio, ma che a Dio sono sottomessi. Giobbe riconosce che l’uomo riesce solo a percepire una piccola parte di quest’opera meravigliosa di Dio e della forza divina che la tiene in vita (vv. 13-14).

Il Signore non permetterà che l’uomo soccomba alla forza del male, perché egli lo protegge come protegge la creazione intera. Forse molte volte noi stessi non siamo consapevoli della forza misericordiosa di Dio e ci lasciamo imprigionare o deprimere da quella del male che vuole allontanarci da Lui.