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Venerdì 10 aprile: Venerdì santo

Is 52,13-53,12; Sal 30; Eb 4,14-16;5,7-9; Gv 18,1-19,42. Morte di Gesù
  Memoria della morte di Gesù sulla croce.
 

Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c’era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. 2 Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli. 3 Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi.

4 Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?". 5 Gli risposero: "Gesù, il Nazareno". Disse loro Gesù: "Sono io!". Vi era là con loro anche Giuda, il traditore. 6 Appena disse "Sono io", indietreggiarono e caddero a terra. 7 Domandò loro di nuovo: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno". 8 Gesù replicò: "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano". 9 Perché s’adempisse la parola che egli aveva detto: "Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato".

10 Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l’orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco. 11 Gesù allora disse a Pietro: "Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?".12 Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono 13 e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell’anno. 14 Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: "E’ meglio che un uomo solo muoia per il popolo".

15 Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote; 16 Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell’altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro. 17 E la giovane portinaia disse a Pietro: "Forse anche tu sei dei discepoli di quest’uomo?". Egli rispose: "Non lo sono".

18 Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava. 19 Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina. 20 Gesù gli rispose: "Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.

21 Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto". 22 Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: "Così rispondi al sommo sacerdote?". 23 Gli rispose Gesù: "Se ho parlato male, dimostrami dov’è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?".

24 Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote. 25 Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: "Non sei anche tu dei suoi discepoli?". Egli lo negò e disse: "Non lo sono". 26 Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, disse: "Non ti ho forse visto con lui nel giardino?".

27 Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.28 Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l’alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua. 29 Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest’uomo?". 30 Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l’avremmo consegnato". 31 Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a morte nessuno".

32 Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire. 33 Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?". 34 Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l’hanno detto sul mio conto?". 35 Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?". 36 Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù".

37 Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce". 38 Gli dice Pilato: "Che cos’è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa. 39 Vi è tra voi l’usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?". 40 Allora essi gridarono di nuovo: "Non costui, ma Barabba!". Barabba era un brigante. Allora Pilato fece prendere Gesù e lo fece flagellare.

2 E i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo e gli misero addosso un mantello di porpora; quindi gli venivano davanti e gli dicevano: 3 "Salve, re dei Giudei!". E gli davano schiaffi. 4 Pilato intanto uscì di nuovo e disse loro: "Ecco, io ve lo conduco fuori, perché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa". 5 Allora Gesù uscì, portando la corona di spine e il mantello di porpora. E Pilato disse loro: "Ecco l’uomo!".

6 Al vederlo i sommi sacerdoti e le guardie gridarono: "Crocifiggilo, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa".

7 Gli risposero i Giudei: "Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio". 8 All’udire queste parole, Pilato ebbe ancor più paura 9 ed entrato di nuovo nel pretorio disse a Gesù: "Di dove sei?". Ma Gesù non gli diede risposta. 10 Gli disse allora Pilato: "Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?". 11 Rispose Gesù: "Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande".

12 Da quel momento Pilato cercava di liberarlo; ma i Giudei gridarono: "Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare". 13 Udite queste parole, Pilato fece condurre fuori Gesù e sedette nel tribunale, nel luogo chiamato Litòstroto, in ebraico Gabbatà. 14 Era la Parascéve della Pasqua, verso mezzogiorno. Pilato disse ai Giudei: "Ecco il vostro re!". 15 Ma quelli gridarono: "Via, via, crocifiggilo!". Disse loro Pilato: "Metterò in croce il vostro re?". Risposero i sommi sacerdoti: "Non abbiamo altro re all’infuori di Cesare".

16 Allora lo consegnò loro perché fosse crocifisso.17 Essi allora presero Gesù ed egli, portando la croce, si avviò verso il luogo del Cranio, detto in ebraico Gòlgota, 18 dove lo crocifissero e con lui altri due, uno da una parte e uno dall’altra, e Gesù nel mezzo. 19 Pilato compose anche l’iscrizione e la fece porre sulla croce; vi era scritto: "Gesù il Nazareno, il re dei Giudei". 20 Molti Giudei lessero questa iscrizione, perché il luogo dove fu crocifisso Gesù era vicino alla città; era scritta in ebraico, in latino e in greco.

21 I sommi sacerdoti dei Giudei dissero allora a Pilato: "Non scrivere: il re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei". 22 Rispose Pilato: "Ciò che ho scritto, ho scritto". 23 I soldati poi, quando ebbero crocifisso Gesù, presero le sue vesti e ne fecero quattro parti, una per ciascun soldato, e la tunica. Ora quella tunica era senza cuciture, tessuta tutta d’un pezzo da cima a fondo.

24 Perciò dissero tra loro: Non stracciamola, ma tiriamo a sorte a chi tocca. Così si adempiva la Scrittura:Si son divise tra loro le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte.25 Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. 26 Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio!". 27 Poi disse al discepolo: "Ecco la tua madre!". E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.

28 Dopo questo, Gesù, sapendo che ogni cosa era stata ormai compiuta, disse per adempiere la Scrittura: "Ho sete". 29 Vi era lì un vaso pieno d’aceto; posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30 E dopo aver ricevuto l’aceto, Gesù disse: "Tutto è compiuto!". E, chinato il capo, spirò. 31 Era il giorno della Parascéve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.

32 Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. 33 Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34 ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.

35 Chi ha visto ne dá testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36 Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso. 37 E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.38 Dopo questi fatti, Giuseppe d’Arimatèa, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, chiese a Pilato di prendere il corpo di Gesù. Pilato lo concesse. Allora egli andò e prese il corpo di Gesù.

39 Vi andò anche Nicodèmo, quello che in precedenza era andato da lui di notte, e portò una mistura di mirra e di aloe di circa cento libbre. 40 Essi presero allora il corpo di Gesù, e lo avvolsero in bende insieme con oli aromatici, com’è usanza seppellire per i Giudei. 41 Ora, nel luogo dove era stato crocifisso, vi era un giardino e nel giardino un sepolcro nuovo, nel quale nessuno era stato ancora deposto.

42 Là dunque deposero Gesù, a motivo della Parascéve dei Giudei, poiché quel sepolcro era vicino.

 
 

Oggi tutto è silenzio. La stessa liturgia è più silenziosa. Si apre solo con un pianto: quello di Dio: “Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che ti ho contristato? Dammi una risposta!”. E, sgomento, il Signore continua a non darsi pace: “Io davanti a te ho squarciato il mare, e tu con la lancia mi hai squarciato il petto. Io ti ho fatto strada con la nube, e tu mi hai trascinato al pretorio di Pilato. Io ti ho dissetato con acqua dalla rupe nel deserto, e tu mi hai dissetato con fiele e aceto. Io ti ho dato lo scettro regale, e tu mi hai dato sul capo una corona di spine”. Non si dà pace il Signore: “Che altro avrei dovuto fare e non l’ho fatto?”.

Questo pianto, tante volte, è inascoltato. Presi come siamo da noi stessi non lo sentiamo più. Ecco perché la nostra vita è spesso così arida e sciocca, e le nostre città sono così crudeli, soprattutto con i più deboli. Ognuno sembra come rinchiuso nel versare le lacrime solo su se stesso, sui propri guai, sul proprio destino. Lacrime sterili, perché non scendono in un terreno che dà frutti buoni, ma in quello dell’amore per sé che genera solo amarezza e violenza.

Quel giorno, come oggi, Gesù, chinato il capo, spirò. Forse a Gerusalemme non si parlava d’altro; la morte di questo singolare profeta doveva essere senza dubbio una notizia. Eppure chi troviamo presso la sua croce, a soffrire con lui e per lui, mentre Egli soffriva per noi e a causa nostra? La maggioranza, o lo malediceva, o diceva: ben gli sta; una parte se ne disinteressava; e altri si limitavano ad una compassione sterile. Moriva per gli uomini e nessuno, quasi nessuno, gli era accanto, a dirgli, almeno con un cenno, un grazie, a prendere atto della sua carità, ad accorgersi del suo amore.

Da quel giorno sono passati quasi 2000 anni. Oggi, in questo giorno anniversario, il vero nostro dovere consiste nel non lasciare solo Gesù e accorrere sotto la sua croce. Dove sono quelle cinquemila persone che Egli aveva sfamato con il pane e che volevano persino farlo re? Dove sono quei malati che egli aveva guarito nei suoi ultimi tre anni? E i dieci lebbrosi? E i suoi discepoli? E i Dodici? E noi?

Accade spesso che molti cristiani non si rendano conto d’essere stati oggetto di tanto amore da parte del Signore, e si contentino di avere di Gesù una cognizione così vaga che si vergognerebbero di averne una simile di un loro conoscente. Il dramma di questo giorno è proprio qui: il Signore che ha dato la sua vita per noi, non è da noi amato. “Popolo mio, che cosa ti ho fatto? In che ti ho contristato?”. Questo lamento scende oggi dalla croce, per ognuno di noi. Chi di noi può dire di avere aiutato il Signore a portare la croce? Non quella nostra, s’intende, ma quella del Signore? Allora, per portare la croce di Gesù, requisirono un povero Cireneo. È sempre il povero che porta la croce, allora come oggi.

Lasciata cadere da chi dovrebbe portarla, essa finisce sulle spalle dei deboli. Nessuno, né della folla, né dei discepoli, si era offerto per Gesù. Le mani di tutti erano rimaste ferme, come rattrappite, oppure si erano sciolte da ogni responsabilità (quanti Pilato si sono lavati le mani durante la storia!), oppure per dovere avevano denudato, inchiodato, ferito Gesù. Le nostre mani sono nel numero di tutte queste mani, anche se vorremmo dimenticarlo, e purtroppo la vita convulsa della città ci aiuta nella smemoratezza.

Guardiamo altre mani, quelle della Maddalena che lava i piedi di Gesù, di Maria che accoglie il corpo senza vita del figlio, di Giuseppe d’Arimatea che toglie il corpo dalla croce. E se neppure questo riusciamo a fare, oggi imitiamo almeno le mani del centurione che si batte il petto o quelle della folla che si allontana battendosi anch’essa il petto per la propria incredulità e la propria complicità per la morte dell’unico giusto. La salvezza inizia di qui, dal pentimento che nasce guardando la croce.

Le ultime parole di Gesù sono quelle di un figlio che si affida in tutto al padre: sembrano le ultime parole, in verità sono l’inizio di una vita nuova, sono dette dopo un “sì” e dopo un “no”. Il “no” è al pensiero di questo mondo che continua a dire: salva te stesso. Tutti, infatti, gridavano a Gesù: “Salva te stesso!”. Glielo dicevano i capi del popolo, i soldati e anche uno dei due uomini crocifissi con lui. Ma Gesù risponde “no” a questo pressante invito. Del resto, come poteva salvare se stesso, lui che era venuto per salvare gli altri? E poi c’è il “sì” al dolore di questo mondo, ed anche alla richiesta di uno dei due malfattori quando gli chiede: “Ricordati di me”.

L’ultimo respiro che ha, Gesù lo usa per rispondere “sì” a questo malfattore. Subito dopo viene un grande buio su tutta la terra, da mezzogiorno alle tre, e Gesù dice: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito”. Questa scena turbò molti, turbò il centurione, i conoscenti e il popolo che se ne tornava a casa.

È una scena del Vangelo che continua a turbare anche noi.