parrocchia
san Gennaro all'Olmo
Napoli
la Bibbia
una pagina al giorno
Libri storici - 2° Samuele
 
 

Sabato 28 febbraio

2 Samuele 11,1-17. Il duplice peccato di Davide
   
 

L’anno dopo, al tempo in cui i re sogliono andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a devastare il paese degli Ammoniti; posero l’assedio a Rabba mentre Davide rimaneva a Gerusalemme. 2 Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall’alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto. 3 Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: “E’ Betsabea figlia di Eliam, moglie di Uria l’Hittita”.

4 Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa. 5 La donna concepì e fece sapere a Davide: “Sono incinta”. 6 Allora Davide mandò a dire a Ioab: “Mandami Uria l’Hittita”. Ioab mandò Uria da Davide. 7 Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra. 8 Poi Davide disse a Uria: “Scendi a casa tua e làvati i piedi”. Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una portata della tavola del re.

9 Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua. 10 La cosa fu riferita a Davide e gli fu detto: “Uria non è sceso a casa sua”. Allora Davide disse a Uria: “Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?”. 11 Uria rispose a Davide: “L’arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua anima, io non farò tal cosa!”.

12 Davide disse ad Uria: “Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire”. Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente. 13 Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua. 14 La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria. 15 Nella lettera aveva scritto così: “Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia”.

16 Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva uomini valorosi. 17 Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; caddero parecchi della truppa e degli ufficiali di Davide e perì anche Uria l’Hittita.

 
 

È il racconto dell’umiliante peccato di Davide. Non è stato un atto unico e puntuale, ma una colpevole catena che ha fatto scivolare Davide sempre più in basso sino a raggiungere l’abisso dell’omicidio: la tentazione, il cedimento, 1’adulterio, il tradimento di uno dei suoi più valorosi ufficiali, il cinismo e la simulazione seguita e la ingiustizia perpetrata. Sono le tappe che mostrano la sconfinata capacità del cuore umano di fare il male se non è vigilante e pronto a spezzare la catena delle tentazioni. Il tragico avvenimento prende avvio dal desiderio di svago con cui il re vuole passare la primavera che si avvicina, tempo in cui i sovrani solevano andare in guerra (v. 1). Mentre manda il suo esercito a combattere contro gli Ammoniti, egli rimane a Gerusalem¬me per godersi il suo riposo.

È la prima tappa della tentazione.

La scelta di pensare alle proprie soddisfazioni porta Davide a incamminarsi sulla via del peccato. Si ferma a guardare una donna che fa il bagno rituale (v. 3), se ne compiace e, accecato, pone ogni cura per averla senza badare a nulla, né a Dio che gli è stato favorevole, né alla sua situazione di unto eletto e capo della nazione, né al male che reca a se stesso e ad altri. La situazione era altresì enormemente scomoda davanti alla legge, a cui nemmeno il re poteva sfuggire, perché puniva gli adulteri con la morte (Lv 20,10; Dt 22,22).

Davide, venuto a conoscenza che Betsabea è incinta, cerca di porre riparo a qualsiasi costo. Ma il suo cuore è indurito: non pensa più né a Dio né agli altri. È preso solo dall’urgenza di salvarsi da questa scomoda situazione. E mette in atto il suo piano: prendere per sé la moglie d uno dei suoi compagni più antichi e fedeli, e mandarlo a morire in battaglia. Mai come adesso il testo biblico aveva descritto in modo così vivo come ora la triste realtà dell’uomo che per paura di affrontare le proprie responsabilità cerca di togliersi il peso che lo tormenta non badando alle ulteriori ingiustizie che infligge a persone del tutto innocenti pur di salvare se stesso. Emerge invece la nobiltà di sentimenti di Uria che non vuole godersi la comodità offertagli da Davide per unirsi alla moglie ed evitare lo scandalo di un figlio di adulterio.

Uria, però, tornato dal fronte non vuole andare a casa e passa la notte alle porte della reggia per condividere la sorte dei suoi soldati al fronte. L’atteggiamento di Uria fa da stridente contrasto con la cecità di Davide che è ormai travolto dal peccato e dalla logica di salvare solo se stesso. Davide, del tutto sconvolto, sente che ha una sola possibilità: eliminare Uria. Continua così a scivolare nel peccato sempre più in basso. Scrive una breve e gelida lettera a Ioab con indicazioni precise perché lasci morire l'ufficiale sul campo di battaglia. Uria morirà (v. 17).

E Davide prende con sé Betsabea che diventò sua moglie e gli diede un figlio. Ciò che Davide ha fatto è però “male agli occhi del Signore” (vv. 26-27). Poteva nascondere agli altri la gravità del suo crimine, ma non a Dio che “guarda il cuore” (1 Sam 16,7).