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Sabato 20 dicembre

Giudici 6,11-24. La chiamata di Gedeone

   
 

11 Ora l’angelo del Signore venne a sedere sotto il terebinto di Ofra, che apparteneva a Ioas, Abiezerita; Gedeone, figlio di Ioas, batteva il grano nel tino per sottrarlo ai Madianiti. 12 L’angelo del Signore gli apparve e gli disse: "Il Signore è con te, uomo forte è aloroso!".

13 Gedeone gli rispose: "Signor mio, se il Signore è con noi, perchè ci è capitato tutto questo? Dove sono tutti i suoi prodigi che i nostri padri ci hanno narrato, dicendo: Il Signore non ci ha fatto forse uscire dall’Egitto? Ma ora il Signore ci ha abbandonati e ci ha messi nelle mani di Madian". 14 Allora il Signore si volse a lui e gli disse: "Và con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io?". 15 Gli rispose: "Signor mio, come salverò Israele? Ecco, la mia famiglia è la più povera di Manàsse e io sono il più piccolo nella casa di mio padre". 16 Il Signore gli disse: "Io sarò con te e tu sconfiggerai i Madianiti come se fossero un uomo solo".

17 Gli disse allora: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli. 18 Intanto, non te ne andare di qui prima che io torni da te e porti la mia offerta da presentarti". Rispose: "Resterò finchè tu torni". 19 Allora Gedeone entrò in casa, preparò un capretto e con un’ efa di farina preparò focacce azzime; mise la carne in un canestro, il brodo in una pentola, gli portò tutto sotto il terebinto e glielo offrì.

20 L’angelo di Dio gli disse: "Prendi la carne e le focacce azzime, mettile su questa pietra e versavi il brodo". Egli fece così. 21 Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; salì dalla roccia un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi.

22 Gedeone vide che era l’angelo del Signore e disse: "Signore, ho dunque visto l’angelo del Signore faccia a faccia!". 23 Il Signore gli disse: "La pace sia con te, non temere, non morirai!". 24 Allora Gedeone costruì in quel luogo un altare al Signore e lo chiamò Signore-Pace. Esso esiste fino ad oggi a Ofra degli Abiezeriti.

 
 

Alla vicenda di Debora, profetessa e giudice, segue immediatamente il ciclo di Gedeone, che occupa ben tre capitoli del libro. La storia si apre con la constatazione della schiavitù sotto il giogo dei madianiti i quali costringono a lavorare per loro. Al termine del lavoro, infatti, essi requisiscono tutto il raccolto. Gedeone, però, cerca di ingannarli tenendolo per sé. Nel frattempo Israele non cessava di pregare il Signore perché fosse ancora una volta liberato dalla schiavitù. Jahve vede la sofferenza del suo popolo, ne ascolta la preghiera e decide di intervenire.

Si presenta quindi a Gedeone mentre sta svolgendo il suo lavoro. L’incontro con Dio non avviene al di fuori della nostra vita, della nostra storia quotidiana. E si presenta sotto le sembianze di un angelo che parla direttamente a Gedeone, come in passato con Abramo, Mosè... Il Signore si rivela sempre come parola. Nelle Scritture non si descrive mai la forma in cui il Signore appare, appunto perché la prima cosa che mostra di sé è la sua parola.

Anche a Gedeone si mostra parlando. Le prime parole - come di solito accade - sono di saluto: “Il Signore è con te”. La risposta di Gedeone a questo saluto è però detta al plurale: “Signor mio, se il Signore è con noi, perché ci è capitato tutto questo?”. Gedeone ha chiaro che la chiamata del Signore non è mai individuale, è per l’intero popolo che lui in quel momento rappresenta. Gedeone è preoccupato non per sé, non per il suo futuro individuale, ma per l’intero popolo d’Israele.

La sua risposta è anche invocazione, domanda e lamento. Anche noi potremmo chiederci: se è vero che Dio ci ama, che preferisce i più poveri, perché allora tanta ingiustizia, tanto male, tanta miseria? Quante volte questa domanda è salita sulle nostre labbra. In verità, Dio ascolta e risponde, sebbene in maniera diversa da come noi vorremmo. E comunque neppure si perde a offrire spiegazioni teoriche.

Il Signore risponde scegliendo lo stesso Gedeone e inviandolo perché vinca il male di cui si lamenta: “Va’, con questa tua forza e salva Israele dalla mano di Madian”. Gedeone si intimorisce a questa risposta. Come può lui, il più piccolo di una famiglia tra le più povere, combattere un nemico così potente come i madianiti? E obietta: “Signore mio, come salverò Israele? La mia famiglia è la più povera di Manasse e io sono il più piccolo della casa di mio padre”.

Forse nell’affermazione di Gedeone c’è anche la paura e la pigrizia per un compito che appare impossibile. Ma nulla è impossibile a Dio. Il Signore ha criteri diversi da quelli umani, spesso condivisi anche dai credenti: egli sceglie ciò che il mondo disprezza per vincere i potenti. È una sorta di legge che traversa l’intera Sacra Scrittura.

La forza di Gedeone sta nel Signore stesso: “Io sarò con te e tu sconfiggerai i madianiti”. Gedeone inizia ad accogliere queste parole. Vuole però continuare ancora il dialogo con Dio per essere certo che sia proprio Lui a parlargli. Potremmo dire che vuole “vedere” Dio con i propri occhi.

E lo “vede” nel contesto dell’ospitalità. Gedeone, come in un gesto liturgico, offre all’ospite il cibo, ma è lo stesso ospite che lo tocca e lo rende santo. E a quel punto l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi. Sembra un’anticipazione dell’incontro di Emmaus. Sin dai primi passi della storia della salvezza l’ospitalità e l’accoglienza appaiono come il luogo dell’incontro con Dio. Gesù stesso dirà: “Avevo fame... ero forestiero e mi avete ospitato” (Mt 25,31-46). E la Lettera agli Ebrei ricorda: “Non dimenticate l’ospitalità; alcuni, praticandola, hanno accolto degli angeli senza saperlo” (13,2).