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Lettera agli Ebrei
 
 

Martedì 4 giugno

Ebrei 4,3-13. Il riposo di Dio e la forza della sua parola

 

 

 
 

3Infatti noi, che abbiamo creduto, entriamo in quel riposo, come egli ha detto: « Così ho giurato nella mia ira: non entreranno nel mio riposo!»

Questo, benché le sue opere fossero compiute fin dalla fondazione del mondo. 4Si dice infatti in un passo della Scrittura a proposito del settimo giorno: E nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere. 5E ancora in questo passo: Non entreranno nel mio riposo! 6Poiché dunque risulta che alcuni entrano in quel riposo e quelli che per primi ricevettero il Vangelo non vi entrarono a causa della loro disobbedienza, 7Dio fissa di nuovo un giorno, oggi, dicendo mediante Davide, dopo tanto tempo: « Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori!»

8Se Giosuè infatti li avesse introdotti in quel riposo, Dio non avrebbe parlato, in seguito, di un altro giorno. 9Dunque, per il popolo di Dio è riservato un riposo sabbatico. 10Chi infatti è entrato nel riposo di lui, riposa anch'egli dalle sue opere, come Dio dalle proprie. 11Affrettiamoci dunque a entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza.

12Infatti la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. 13Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto.

 
 

La tentazione dei cristiani, da cui l’autore vuole mettere in guardia, è analoga a quella che ebbero gli israeliti giunti alle porte di Canaan, ossia “restare indietro” e non entrare nella terra promessa, che è a dire “tirarsi indietro” davanti all’amore di Dio e non lasciarsi coinvolgere dal suo abbraccio.

Eppure è proprio questa la buona notizia per i cristiani: Gesù ci è venuto incontro per amarci. Non solo non ci toglie nulla, ma ci dona tutto. Anche lui, potremmo dire, non “resta indietro”, anzi offre la sua stessa vita per noi. Ebbene, il “riposo” proposto ai discepoli è proprio questo abbraccio di amore di Dio. Si tratta di un amore da accogliere e da vivere, di una comunione da abitare assieme ai fratelli e alle sorelle. La Chiesa vive già da ora il giorno del “riposo”, il “settimo giorno”, appunto, quando Dio regnerà con amore su tutti.

L’autore ha ragione ad esortare i credenti perché entrino in fretta nel riposo: “Affrettatevi dunque ad entrare in quel riposo, perché nessuno cada nello stesso tipo di disobbedienza”. In effetti, entrare nel “riposo” significa prendere parte alla vita della comunità. Il legame che l’autore stabilisce tra il “riposo” e la “casa” richiama, appunto, il dono che i cristiani ricevono facendo parte della comunità cristiana ove sono amati e custoditi. Non a caso l’autore tesse proprio in questo contesto l’elogio della Parola di Dio, vero e saldo fondamento su cui la casa è edificata.

E non si tratta di un fondamento posto una volta per tutte. La Parola di Dio è viva perché ogni giorno “rifonda”, se ascoltata, la comunità. Nutre infatti i credenti con un cibo sempre nuovo, adatto ad ogni età spirituale, e li sostiene perché sappiano sradicare il male ed edificare il bene. L’autore la loda: la Parola di Dio “è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore”.

Essa ci comprende molto di più di quanto noi comprendiamo noi stessi. Per questo il credente è invitato ad affidarsi ad essa se vuole conoscere le profondità del proprio cuore e deve ascoltarla se desidera vivere la pace e la salvezza per sé e per il mondo. Nella Scrittura, infatti, è Dio stesso che parla ai suoi, anche a noi. La Parola è luce per i nostri passi e per quelli di chiunque si lasci illuminare: “Non v’è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto”.