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Lettere di Paolo - Efesini
 

Giovedì 12 giugno

Efesini 5,1-20. Imitare Dio come figli della luce

   
 

Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi, 2 e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore. 3 Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi; 4 lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie! 5 Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio.

6 Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l`ira di Dio sopra coloro che gli resistono. 7 Non abbiate quindi niente in comune con loro. 8 Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce; 9 il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.

10 Cercate ciò che è gradito al Signore, 11 e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente, 12 poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.

13 Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce. 14 Per questo sta scritto: "Svègliati, o tu che dormi, dèstati dai morti e Cristo ti illuminerà".15 Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi; 16 profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.

17 Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio. 18 E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito, 19 intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore, 20 rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.

 
 

L’apostolo, dopo aver esortato gli Efesini ad accogliere e a vivere l’amore stesso di Dio, può scrivere loro: “Siate dunque imitatori di Dio come figli diletti, e camminate nell’amore come anche Cristo ci amò”. È l’unica volta che appare nel Nuovo Testamento questa esortazione. Ma l’idea dell’imitazione di Dio non è nuova, ricorre spesso nella Bibbia e significa avere come ideale di comportamento quello che Dio stesso ha mostrato nei confronti d’Israele: l’agire di Dio fonda l’esigenza etica.

Gesù stesso si è inserito in questa prospettiva: “Siate misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro” (Lc 6,36). Il credente “cammina nell’amore” (v. 2), perché Dio è amore. Anche Gesù dice ai discepoli: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi” (Gv 13,34; 15,12). Gesù ci ha amati sino alla morte che per noi è divenuta “sacrificio di soave odore”: è stata accolta pienamente da Dio come riscatto per l’intera umanità.

Paolo riprende quindi le esortazioni concrete, ora incentrate su di un vizio spesso denunciato dalla polemica giudaica e poi cristiana nei confronti del paganesimo: la fornicazione e i suoi derivati, l’impurità e l’avidità. Tutti questi comportamenti - dice Paolo - debbono essere allontanati nella vita del cristiano, anzi neppure dovremmo nominarli, perché intaccano la santità del cristiano, ossia la sua appartenenza a Dio e non a se stessi. Va eliminata anche l’oscenità, ossia il parlare indecoroso e ambiguo.

Tutti questi comportamenti nascondono un’effettiva idolatria. Il credente non deve lasciarsi ingannare da chi fa ragionamenti stolti. Costoro sono “figli della disobbedienza”, come quelli che hanno rifiutato Dio. Il discepolo è “figlio della luce”, figlio del Vangelo: “Siete luce nel Si¬gnore, camminate come figli della luce”: è il legame tra il dono ricevuto e l’impegno che ne deriva. Non possiamo perciò restare nel buio della rassegnazione e dell’egocentrismo. “Svegliati, o tu che dormi - scrive Paolo -, destati dai morti e Cristo ti illuminerà”, e ai Romani: “È tempo ormai di svegliarvi dal sonno; poiché adesso la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti.

La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Rm 13,11-12). I cristiani sono chiamati a lasciarsi inondare dalla luce del Risorto e a trasformare il mondo, vincendo l’insidiosa tentazione di rassegnarsi al potere del male. Per questo, non bisogna comportarsi da sconsiderati, ossia come persone che hanno perso l’intelligenza del Vangelo e dimenticato la forza dell’amore.

L’ammonizione a non ubriacarsi mette in guardia a non lasciarsi intontire dalle mode del mondo, mentre è saggio essere ricolmi dello Spirito, che spinge a manifestare la nostra gioia con salmi, inni e canti spirituali.