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Lettere di Paolo - Romani
 
 

Lunedì 20 ottobre

Romani 7,1-13. Il cristiano è liberato dalla legge

   
 

O forse ignorate, fratelli - parlo a gente esperta di legge - che la legge ha potere sull`uomo solo per il tempo in cui egli vive? La donna sposata, infatti, è legata dalla legge al marito finché egli vive; ma se il marito muore, è libera dalla legge che la lega al marito. Essa sarà dunque chiamata adultera se, mentre vive il marito, passa a un altro uomo, ma se il marito muore, essa è libera dalla legge e non è più adultera se passa a un altro uomo.

Alla stessa maniera, fratelli miei, anche voi, mediante il corpo di Cristo, siete stati messi a morte quanto alla legge, per appartenere ad un altro, cioè a colui che fu risuscitato dai morti, affinchè noi portiamo frutti per Dio. Quando infatti eravamo nella carne, le passioni peccaminose, stimolate dalla legge, si scatenavano nelle nostre membra al fine di portare frutti per la morte.

Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spirito e non nel regime vecchio della lettera. Che diremo dunque? Che la legge è peccato? No certamente! Però io non ho conosciuto il peccato se non per la legge, né avrei conosciuto la concupiscenza, se la legge non avesse detto: Non desiderare. Prendendo pertanto occasione da questo comandamento, il peccato scatenò in me ogni sorta di desideri. Senza la legge infatti il peccato è morto e io un tempo vivevo senza la legge. Ma, sopraggiunto quel comandamento, il peccato ha preso vita e io sono morto; la legge, che doveva servire per la vita, è divenuta per me motivo di morte. Il peccato infatti, prendendo occasione dal comandamento, mi ha sedotto e per mezzo di esso mi ha dato la morte. Così la legge è santa e santo e giusto e buono è il comandamento. Ciò che è bene è allora diventato morte per me? No davvero! E` invece il peccato: esso per rivelarsi peccato mi ha dato la morte servendosi di ciò che è bene, perché il peccato apparisse oltre misura peccaminoso per mezzo del comandamento.

 
 

L’apostolo continua a sottolineare la libertà del cristiano rispetto alla legge. Lo ripete perché è facile dimenticare da quale abisso di tristezza siamo stati liberati. Fa bene pertanto l’apostolo ad esortarci perché ricordiamo la nostra condizione passata, quando il peccato dominava su di noi rendendo amara e triste la nostra vita e quella di chi ci stava accanto.

L’uomo carnale, quello non rianimato dallo Spirito, è rinchiuso nel proprio egocentrismo e quindi incapace di guardare oltre se stesso e di vivere una vita bella e dignitosa. L’autoreferenzialità (o la filautia, come dicevano i santi Padri) incatena l’uomo al peccato e all’idolatria di sé. La legge ha avuto il compito di svelare questo peccato; e Paolo lo spiega prendendo ad esempio l’adulterio: la donna fa adulterio se va con un altro mentre il marito è in vita, ma dopo la morte è libera dal vincolo.

Ebbene, allo stesso modo, dice Paolo, il credente è libero dall’osservanza della legge a motivo della morte di Cristo. La salvezza infatti viene da Dio che dona il suo Spirito all’uomo perché viva secondo il Vangelo e non più secondo l’istinto carnale.

Colui che accoglie Cristo viene liberato dall’obbedienza della legge e dalla schiavitù della carne per essere un uomo nuovo, spirituale, sostenuto dalla forza di Dio.