Giovanni vede una nuova scena: sei angeli con al centro il Cristo che ha sulla testa una corona e nella mano una falce: è il Signore, giudice della storia. Si annuncia e si prepara il giudizio universale. Già il profeta Gioele aveva descritto «il giorno del Signore» nella Valle della Decisione: «Date mano alla falce, perché la messe è matura; venite, pigiate, perché il torchio è pieno e i tini traboccano, poiché grande è la loro malvagità!». E Gesù stesso più volte ne aveva parlato nei termini di vendemmia e di mietitura.
Il primo angelo avverte che il giudizio è alle porte e reca «un Vangelo eterno». Non è il «piccolo libro», riservato ai discepoli, ma è l’annuncio del primato di Dio e dell’amore sulla vita degli uomini: «Temete Dio e dategli gloria!». Potremmo tradurre: «Chi si lascia guidare dall’amore, costui sarà salvo». È quel che leggiamo nel giudizio finale riportato da Matteo al capitolo 25.
Il «Vangelo eterno» è il Vangelo universale dell’amore, a cui possiamo unire la seconda beatitudine che l’apostolo pone nell’Apocalisse: «Beati i morti che muoiono nel Signore» perché a essi è dato il regno dei cieli. Sulla via dell’amore i credenti trovano molti compagni di viaggio: sono tutti coloro che vivono altre tradizioni religiose o che non appartengono a nessuna, ma tutti uniti dall’amore per i poveri. È un popolo vasto, molto più vasto dei discepoli di Gesù.
Sono tutti coloro che – come il samaritano che non apparteneva alla fede di Israele – vengono però portati da Gesù come esempi del “credente” che ama e che troverà la salvezza. È questo immenso popolo di misericordiosi che segretamente salva la storia umana dalla crudeltà. Davvero sono tutti luce del mondo e conforto dei poveri. E, come dice papa Francesco, poiché sono misericordiosi saranno “misericordiati” da Dio, accolti nel regno. La storia della salvezza è la storia dei gesti d’amore i quali sono eterni. |