parrocchia
san Gennaro all'Olmo Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 25 aprile 2021

4ª domenica di Pasqua /B

 
 

Letture: Atti 4,8-12; Salmo 117; 1Giovanni 3,1-2; Giovanni 10,11-18.

Memoria di san Marco: divise con Barnaba e Paolo, e poi con Pietro, l’impegno per testimoniare e predicare il Vangelo. È l’autore del primo Vangelo scritto.

Dal Vangelo di Giovanni capitolo 10, versetti da 11 a 18

Gesù disse: 11Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

«, 15così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

17Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio».


IMPARIAMO DA GESÙ BUON PASTORE A VIVERE PER GLI ALTRI


«Io sono il buon pastore,
conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me».

 

L’immagine di Dio, pastore degli uomini

La liturgia di oggi ci presenta Gesù come il buon pastore, colui che si prende cura delle pecore, le riunisce, le conduce dove possano trovare cibo e acqua, ed è pronto a dare la vita per loro. Ai tempi di Gesù la professione del pastore era di grande responsabilità e pericolosa per la minaccia delle fiere e dei ladri, ma era disprezzata dalle autorità religiose.

Già nell’Antico Testamento Dio viene presentato come il pastore che sta alla testa del suo gregge e lo guida, lo conduce ai pascoli, ai luoghi di sosta presso la fonte, chiama le pecore disperse, le raduna, porta gli agnellini fra le sue braccia e guida le madri che allattano (Is. 40,11).

Il legame di Gesù con noi

Nelle parabole Gesù fa del pastore un’immagine di Dio; la realtà stessa della sua vita rispecchia quella del pastore; egli dona la sua amicizia proprio ai peccatori e ai disprezzati e con amore entra nella loro vita. Nella parabola della pecora smarrita, il pastore è colui che non si dà pace finché non ritrova la pecora che si era perduta. E Gesù, attraverso la gioia del pastore per la pecora ritrovata dopo una faticosa ricerca, descrive la gioia di Dio, quando può riunire gli uomini dispersi.

Il legame di Gesù con noi è qualcosa di molto profondo, intimo: «io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore». Il sentimento di compassione davanti a chi è vittima nella storia è il punto vulnerabile in Gesù. Per riunire gli uomini dispersi egli è arrivato a dare la sua vita e con la sua resurrezione ci mostra che il suo amore è più forte della morte.

Con Gesù impariamo a prenderci cura degli altri

Tutto il Vangelo ci descrive l’opera di Gesù che raccoglie le pecore disperse, avvicina i più deboli, cura i malati, reinserisce coloro che sono stati lasciati fuori. Con Gesù impariamo ad ascoltare il grido di chi altrimenti è inascoltato, ad avere a cuore la dignità di tutti, a curare i malati nel corpo e nello spirito. Con dolore ricordiamo l’ultima strage, con tanti morti in mare, lasciati morire senza alcun soccorso.

Siamo in un tempo in cui c’è troppo «Io» e troppo poco «Noi». E quando l’«Io» prevale sul «Noi» vediamo crescere l’indifferenza dinanzi al dolore, alla sofferenza, alla tragedia di chi muore senza ricevere soccorso. In un tempo di lupi che rapiscono e distruggono, di mercenari assieme a tanta indifferenza, il Signore ci chiede di essere con lui “pastori” delle folle di questo tempo.

Dal Signore abbiamo ricevuto, con lui impariamo a dare

Dal Signore apprendiamo ad amare come lui ama, a fermarci come quel samaritano che «si è fatto vicino a quell’uomo ferito, lo ha curato con le sue stesse mani, si è occupato di lui, soprattutto gli ha dato una cosa su cui in questo mondo frettoloso lesiniamo tanto: gli ha dato il proprio tempo» (FT 63). Con Gesù impariamo a vincere la tentazione che ci circonda di disinteressarci degli altri, specialmente dei più deboli; impariamo l’alfabeto nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli, impariamo a non girarci dall’altra parte, impariamo ad essere pastori assieme a Lui.

Il Signore si è fermato accanto a ciascuno, si è preso cura di noi, ci ha riuniti come sua famiglia, ha intenerito i nostri cuori. Con Lui andiamo incontro a tanti nostri fratelli e sorelle che sono come pecore senza pastore. A Lui riconduciamo le pecore disperse. Sono tanti quelli che hanno sofferto e soffrono per l’isolamento, soprattutto quando non sono autosufficienti. E aspettano di poter gioire per aver trovato una casa e un affetto che a loro manca.

Intenzioni di preghiera

1) Perché ascoltiamo sempre la voce del Signore che pone davanti ai nostri occhi l’orizzonte illimitato dell’amore.

2) Per la Chiesa, per coloro che in essa hanno responsabilità pastorali, perché vivano la stessa passione per il gregge di Gesù Buon Pastore. Perché il Signore protegga e accompagni sempre Papa Francesco e il nostro vescovo Domenico.

3) Per le folle di questo mondo, smarrite e senza pastore, perché il Signore ci aiuti a convertirci e a vivere la preoccupazione per ognuna di esse.

4) Per i paesi europei perché rifiutino la cultura dell’indifferenza e sappiano farsi carico delle sofferenze di chi è più povero in questo tempo di Pandemia, dei profughi, di chi cerca salvezza.

5) Per le comunità cristiane in Medio Oriente mentre ricordiamo lo sterminio degli Armeni agli inizi del ‘900, perché il Signore protegga, tutti i nostri fratelli nella fede. Perché le ragioni della vita disarmino le mani violente che portano morte e perché gli uomini tornino a parlarsi come fratelli e a prendersi cura della terra come di una casa comune.