parrocchia
san Gennaro all'Olmo Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 29 aprile 2018

5ª domenica di Pasqua /B

 
 

Letture: Atti 9,26-31; Salmo 21; 1Giovanni 3,18-24; Giovanni 15,1-8.

Memoria di santa Caterina da Siena (†1380); lavorò per la pace, per l’unità dei cristiani e per i poveri.

Dal Vangelo di Giovanni capitolo 15, versetti da 1 a 8

Gesù disse ai suoi discepoli: 1 «Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore. 2Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. 4Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me.

5Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. 7Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.


“CHI RIMANE IN ME E IO IN LUI, PORTA MOLTO FRUTTO”


«Io sono la vite, voi i tralci.
Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto»

 

C’è bisogno di crescere come comunità

In queste domeniche che dal giorno di Pasqua ci portano alla festa di Pentecoste, festa dello Spirito che scende con forza sui discepoli, la Chiesa ci propone le pagine del Vangelo di Giovanni e il libro degli Atti degli Apostoli, dove si racconta l’inizio e la crescita delle prime comunità cristiane nate dalla predicazione del vangelo.

Il libro degli Atti ci racconta che “la Chiesa si consolidava e camminava nel timore del Signore e con il conforto dello Spirito santo, cresceva di numero” (At 9, 31). Queste parole ci fanno riflettere sulla realtà dei nostri quartieri, della nostra città, sul bisogno di crescere come comunità, su come noi viviamo e annunciamo il vangelo. La parrocchia non può ridursi alla amministrazione dei sacramenti, papa Giovanni XXIII parlava di parrocchia come fontana del villaggio dove soddisfare la sete di misericordia, di speranza, di amore che c' è nel cuore di tutti.

Questo tempo che viviamo è carico di tanti problemi, ci sono paesi dove c’è la guerra, paesi dove i cristiani presenti da duemila anni stanno subendo persecuzioni e molti sono costretti ad andare via, ci sono paesi dai quali si fugge perché manca il necessario per vivere. Ma penso che questo è anche un tempo di grazia per noi cristiani, un tempo nel quale – spronati da papa Francesco - sentire forte la responsabilità di dare un impulso di rinascita, di resurrezione ai paesi dell’Occidente a cominciare dai luoghi in cui viviamo.

C’è bisogno di un legame reale con Gesù

E questo nasce e cresce da un rapporto intimo e profondo col Signore Gesù. Il Vangelo di oggi è parte del lungo discorso che Gesù rivolge agli apostoli durante l'ultima cena. È un momento decisivo. Gesù sa che sta per essere catturato e messo a morte e sa anche che i discepoli saranno spaventati e disorientati, tentati dalla dispersione. Il rischio è la paura del mondo, della sua violenza; il rischio è che restino a porte chiuse, rassegnati e spaventati di fronte al male. Per questo parla lungamente con loro: per lasciare ai suoi amici quel lungo testamento spirituale, di cui oggi abbiamo ascoltato il passaggio in cui Gesù parla di se stesso come una vite e dei discepoli come i suoi tralci. Di fronte alle tante difficoltà che i discepoli, quelli di ieri ma anche quelli di ogni tempo, dovranno affrontare, Gesù afferma che c'è bisogno di un legame reale con Lui, come il legame che unisce un ramo al suo tronco.

Non basta avere buoni sentimenti, sentirsi forti, capaci, essere animati da buone intenzioni, sentirsi vicini, avere un senso di appartenenza o di identità. Bisogna restare uniti al tronco del Signore, fisicamente, materialmente, anima e corpo, e non solo idealmente. Infatti anche il ramo di un albero una volta staccato resta un ramo, ma è morto; o un ramo può restare attaccato al tronco, ma essere secco. "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi chiedete quel che volete e vi sarà dato". In questi pochi righi per ben sette volte ritorna la parola “rimanere”.

Sì, c'è un potere del discepolo che viene dall'essere ancorati al Signore, dal ricevere e conservare le parole del vangelo, perché rimangano in noi. Le parole del vangelo sono come la linfa che scorre dalla radice fino alla punta dell’ultimo ramo. È la stessa linfa, lo stesso spirito vitale che unisce noi alla radice antica del vangelo che è l’amore di Dio, attraverso il tronco che è la vita di Gesù stesso. Ogni volta che ci nutriamo delle parole di Dio, nella messa della Domenica, nella preghiera personale o nella preghiera comune, la vita cristiana si alimenta e cresce, altrimenti muore, cioè non porta frutto.

Una vita che porta frutti per gli altri

Un tralcio infatti ha senso e valore se porta frutto. Per essere discepoli, non basta allora che noi, come tralci, restiamo attaccati alla pianta. No, bisogna anche portare frutti. Lo scopo infatti del restare attaccati al tronco è, per il tralcio, non solo quello di mantenere in vita se stesso, ma di dare frutto per gli altri, perché anche la loro esistenza ne tragga giovamento. Se le parole che ascoltiamo si fermano a noi, se non le usiamo per dire bene di qualcuno, per lenire le sofferenze altrui, per incoraggiare ed esprimere amicizia; se siamo avari di gesti umani e fraterni, di bontà, di tenerezza, di impegno per gli altri, allora significa che la nostra vita è arida come un ramo che si è staccato dal tronco, e c’è bisogno che rinasca dalla linfa del Vangelo.

Dalla pienezza del cuore nascono parole, azioni, impegno per gli altri, generosità, altruismo, solidarietà, gesti buoni. "Ogni tralcio che in me non porta frutto lo toglie e ogni tralcio che porta frutto lo pota perché porti più frutto". L'assenza di frutti porta a rendere inutile il ramo, anche se resta attaccato, perché è secco al suo interno, immagine di un cuore inaridito. Se invece un ramo porta frutto, il contadino saggio che è Dio lo pota perché porti ancora di più un frutto buono e abbondante.

“Rimanete in me” – ci dice Gesù. E come rimanere in lui? Egli stesso ci indica una via semplice per restare con lui: si rimane in lui se “le sue parole rimangono in noi”. Le sue parole diventano il nostro modo di pensare, di operare, di vivere. Per questo c’è bisogno di mettersi in ascolto del Vangelo, di farlo personalmente e insieme, c’è bisogno di pregare come Lui faceva ogni giorno in colloquio col Padre suo.

Uniti a Gesù scopriamo la bellezza di vivere insieme

Questa è la condizione per portare frutto, per essere un segno di vita nuova in mezzo agli altri. La sua parola ci purifica dall’individualismo, ci guarisce dall’indifferenza, ci fa eliminare tanti rami di egoismo che non accolgono la linfa dell’amore che Gesù vuole far circolare in ogni aspetto della nostra vita, in ogni nostro pensiero, in ogni nostro sguardo.

È questa comunione con Gesù che ci avvicina gli uni agli altri, ci fa scoprire la bellezza di vivere insieme, di riconoscersi fratelli e sorelle, che crea spazi di libertà nei quali ognuno si sente accolto, amato, partecipe. Questo tempo, difficile per tanti motivi, è tempo di radicarsi nel Vangelo, di parlare agli altri con la libertà di chi impara ad agire per amore, gratuitamente, liberato dagli impacci del protagonismo, del mettersi in mostra. Uniti a Gesù come i rami alla vite, certamente verranno tanti frutti di pace, di solidarietà, di vicinanza ai più deboli, di gioia.

Intenzioni di preghiera

1) O Signore Gesù, che sei la "vite vera", aiutaci ad essere tralci fecondi, nella gioiosa fedeltà ai tuoi insegnamenti.

2) Ti preghiamo o Signore per il nostro vescovo, Papa Francesco e per la Chiesa perché viva la comunione con te, per essere sempre e dovunque testimonianza del tuo amore per gli uomini.

3) Ti preghiamo o Signore per tutti i cristiani, perché nell'ascolto assiduo della Parola e nella condivisione della mensa eucaristica, siano ogni giorno autentici discepoli tuoi. Proteggi quelle comunità più esposte ai pericoli e alla persecuzioni.

4) Ti preghiamo Signore per i malati: per quanti soffrono nel corpo e nello spirito perché trovino luce, salvezza e consolazione.

5) ) Ti preghiamo o Signore per tutti quei popoli angustiati dal male della guerra e della divisione. Tu che sei pieno d’amore per gli uomini dona la pace, fa trovare le vie della concordia e della riconciliazione. Concedi la liberazione a chi è ancora sequestrato.