parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 17/04/11

Domenica delle Palme/A

   

Letture: Isaia 50,4-7; Salmo 21; Filippesi 2,6-11; Matteo 26,14- 27,66.

 


"Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore"

Dal Vangelo di Luca capitolo 19versetti da 28 a 37

28Dette queste cose, Gesù camminava davanti a tutti salendo verso Gerusalemme.

29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli 30dicendo: «Andate nel villaggio di fronte; entrando,troverete un puledro legato, sul quale non è mai salito nessuno. Slegatelo e conducetelo qui.

31E se qualcuno vi domanda: “Perché lo slegate?”, risponderete così: “Il Signore ne ha bisogno”».

32Gli inviati andarono e trovarono come aveva loro detto. 33Mentre slegavano il puledro, i proprietari dissero loro: «Perché slegate il puledro?».

34Essi risposero: «Il Signore ne ha bisogno». 35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.

36Mentre egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada. 37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, 38dicendo: «Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!».

chi e' il nostro re

 

Con il vangelo dell’ingresso in Gerusalemme è iniziata la celebrazione di questa settimana santa. Per noi sono giorni in cui veniamo messi di fronte al Signore Gesù e interrogarci su dove noi stiamo collocati.

Gesù entra in Gerusalemme in modo pacifico, accompagnato da una folla che lo accoglie come re. Ma è un re mite, mansueto, paterno e autorevole nello stesso tempo, che viene a portare la pace.

Ma ci sono quelli che lo percepiscono come una minaccia alla loro vita consolidata su abitudini e privilegi, su posizioni su cui si è arroccati. E noi, nei due capitoli del Vangelo di Matteo che sono stati proclamati, lo vediamo muoversi, parlare e agire non come i potenti di questo mondo, ma come uno che vuole essere re nella nostra vita, ma di un regno che il mondo non conosce, un regno che noi abbiamo cominciato a conoscere e ad esplorare, mettendoci a camminare dietro di lui.

Tante cose non le abbiamo ancora comprese. E la Pasqua è una occasione unica da non sciupare. Non sappiamo quante pasque ognuno di noi potrà vivere, e questa è l’occasione da vivere con intensità, ascoltando, guardando, lasciandosi interrogare e riflettendo ciascuno su quale posto diamo al Signore nella nostra vita.

I discepoli più volte erano stati istruiti da Gesù sugli ultimi suoi giorni a Gerusalemme e ancora glielo ricorda appena qualche giorno prima della Pasqua: “Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso”. Non è possibile – essi pensano – colui che ha guarito il cieco nato, che ha guarito tanti malati, che ha riportato alla vita Lazzaro, non è possibile che gli possa accadere questo.

Il mio regno non è di questo mondo – dice Gesù davanti al governatore Pilato, come ci riporta il vangelo di Giovanni – e quando Pilato gli chiede: “Dunque tu sei re?”, Gesù risponde: “Tu lo dici: io sono re” (Gv.18,36-37).

Dinanzi ai discepoli che – pure loro – aspettano un regno terreno, dinanzi alle autorità ebraiche che lo vedono come una minaccia al loro potere, noi ci interroghiamo su Gesù, mentre lo vediamo a tavola con i discepoli, poche ore prima del suo arresto. Egli sa che uno ha deciso di tradirlo, sa che tutti gli altri lo lasceranno solo. E continua a parlare con loro, a parlare loro chiaramente: uno di voi mi tradirà, questa notte per tutti voi sarò motivo di scandalo e voi vi disperderete. Chiede di stare svegli per non entrare in tentazione.

Ma c’è in un loro un non voler capire, accettare le sue parole perché c’è una loro idea, c’è come una sicurezza delle proprie idee. E non capiscono e presumono di sé: vediamo Pietro che risponde a Gesù anche se tutti ti rinnegheranno, anche se dovessi morire con te, io non ti rinnegherò”.

Questo ci deve fari riflettere perché è molto facile essere e pensare come Pietro, credersi superiori agli altri.

C’è un piccolo episodio che Matteo ci racconta, proprio in questo contesto: è il gesto di Maria, la sorella di Lazzaro, che ha sentito le parole di Gesù, le ha comprese e accolte e nella incomprensione dei discepoli compie quel gesto squisitamente femminile, segno di una tenerezza e di un affetto profondo, versando sul capo di Gesù un vaso pieno di profumo prezioso. Mentre i discepoli si sdegnano e criticano il gesto, vediamo in questa donna quella che possiamo chiamare “l’intelligenza dell’amore”, una comprensione di un cuore che ama, si fida e accoglie.

La solitudine del Getsemani, con i discepoli che dormono, più volte sollecitati da Gesù, è la solitudine di tanti poveri, di tanti deboli che non trovano al loro fianco chi fa loro compagnia, li ascolta e li sostiene.

In tutti i dettagli che Matteo ci racconta, vediamo abbattersi su quest’uomo la violenza dei capi religiosi, degli stessi soldati; i tiepidi tentativi del governatore Pilato e il suo lavarsene le mani per non trovarsi contro i capi religiosi e la folla. Rimane pensoso ma non sceglie di difendere quell’uomo che egli chiaramente riconosce come innocente.

I discepoli sono lontani, Pietro ha paura e più volte ripete – giurando e imprecando – di non conoscere quell’uomo col quale qualche ora prima era stato a tavola, affermando che mai lo avrebbe abbandonato.

Dinanzi a questa violenza che si abbatte su Gesù, fino alla crocifissione in mezzo a due ladroni, c’è la domanda che ci facciamo insieme: ma qual è il potere di questo re? La sua regalità viene riconosciuta, come si legge sulla scritta che pongono sulla croce al di sopra del suo capo: “Costui è Gesù, il re dei Giudei”. Ma non viene capita. Chi è questo re? Qual’è la sua regalità? In che cosa consiste? Maria sorella di Lazzaro l’ha compreso: il suo regno si fonda sull’amore.

Lo ha ben compreso l’apostolo Giovanni che scrive (2Gv. 4,16.18): “Dio è amore; chi rimane nell’amore, rimane in Dio e Dio rimane in lui. Nell’amore non c’è timore, al contrario l’amore perfetto scaccia il timore … e chi teme non è perfetto nell’amore”.

I segni che accompagnano la morte di Gesù (Mt. 27,51-52) - il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo, la terra tremò, le rocce si spezzarono, i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi, che erano morti, risuscitarono – sono la manifestazione che quell’uomo disarmato, colpito e messo a morte, non è un debole, è un forte. Ma la sua forza la comprendono i miti, gli umili di cuore, i poveri di spirito.

La comprende quell’uomo ricco che era diventato discepolo di Gesù e chiede il suo corpo a Pilato e lo depone nel suo sepolcro nuovo; la comprendono quelle donne che l’hanno seguito fino al Calvario, l’hanno compreso Maria di Magdala e l’altra Maria, sedute di fronte alla tomba.

Sono giorni – questi – durante i quali, seguendo i vari momenti liturgici che la Chiesa ci ha compiere, possiamo interrogarci sul potere di amore di Gesù e lasciar sciogliere le nostre idee preconfezionate, le nostre convinzioni radicati, la nostra rassegnazione. E accogliere il suo Spirito di amore che ci cambia il cuore e la mente, ci comunica i sentimenti e i pensieri di Gesù stesso.

Potremo così gioire con lui per la sua resurrezione, e sia anche la nostra resurrezione.

Intenzioni di preghiera

  • O Signore, mentre entri a Gerusalemme e vai verso la tua Passione aiutaci a stringerci a te, a seguirti con fedeltà ed amore nell’ora dolorosa della croce per rinnovare profondamente la nostra vita e aprendo il nostro cuore alla forza del tuo Vangelo che cambia il mondo.
  • Ti preghiamo o Signore per il papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Santa Chiesa, perché viva con fede il mistero della Passione e sappia presentare al mondo la tua Croce come unica sorgente di salvezza e di vita.
  • Ti ringraziamo o Signore per il dono che hai fatto ai tuoi figli di questa Pasqua comune e ti preghiamo perché tutti i cristiani vivano questo tempo come un’occasione per colmare le distanze e per rinnovare il dialogo e l’amicizia tra le Chiese cristiane.
  • O Signore ti presentiamo le invocazioni che sono state a noi affidate e ti preghiamo, re mite, per la pace di tutti i popoli, perché gli uomini e le donne ricerchino sempre ciò che unisce e allontanino da sé ciò che divide.
  • O Signore la tua Passione ci ricorda che siamo stati amati senza misura. Con questa certezza ci rivolgiamo a te e ti invochiamo per tutti coloro che sono colpiti dal dolore, dall’umiliazione, dall’ingiustizia. Aiutaci nel tuo nome ad essere sempre solidali con loro.