parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 17/07/11

16a Domenica Tempo Ordinarioi/A

   

Letture: Sapienza 12,13.16-19; Salmo 85; Romani 8,26-27; Mt 13,24-43

 


"Chi ha orecchi ascolti"

Dal Vangelo di Mattteo capitolo 13 versetti da 24 a 43

24Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania.

27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: «Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?». 28Ed egli rispose loro: «Un nemico ha fatto questo!». E i servi gli dissero: «Vuoi che andiamo a raccoglierla?». 29«No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano.

30Lasciate che l'una e l'altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio».

31Espose loro un'altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo.

32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami». 33Disse loro un'altra parabola: «Il regno dei cieli è simile al lievito, che una donna prese e mescolò in tre misure di farina, finché non fu tutta lievitata».
34Tutte queste cose Gesù disse alle folle con parabole e non parlava ad esse se non con parabole, 35perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò la mia bocca con parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi congedò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si avvicinarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. 38Il campo è il mondo e il seme buono sono i figli del Regno. La zizzania sono i figli del Maligno 39e il nemico che l'ha seminata è il diavolo. La mietitura è la fine del mondo e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e la si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.

41Il Figlio dell'uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, ascolti!

il regno di dio in mezzo agli uomini

 

In questa sedicesima domenica del “Tempo ordinario” continua la lettura del capitolo 13 del Vangelo di Matteo, iniziato domenica scorsa. È il “capitolo delle parabole”, incentrato tutto sull’immagine del “Regno dei cieli”. Si tratta di un tema fondamentale della predicazione di Gesù, e quindi decisivo per la comprensione stessa del Vangelo e della volontà di Dio sugli uomini.

Con tre parabole, il Regno viene paragonato prima agli steli del grano costretti a convivere con la zizzania, poi ad un seme microscopico, quello della senape, che diviene però un grande albero e, infine, a pochi grammi di lievito capaci di fermentare una grande quantità di farina.

L’ascolto di queste parole evangeliche suscita l’allargamento del cuore e dell’intelligenza nel giudicare e vivere la vicenda umana. La parabola della zizzania è stata tra le parole evangeliche decisive, in alcuni momenti storici in cui maggiormente gli uomini religiosi vedevano minacciati i diritti della verità e sentivano l’esigenza di difenderli. Si può dire che una lunga vicenda di guerre di religione, condotte da cristiani, abbiano trovato principalmente in questo testo delle Scritture un freno, capace di indurre riflessioni, ripensamenti e dubbi. Il padrone del campo, infatti, ha un comportamento assolutamente singolare.

Egli si rende conto che un nemico ha seminato la zizzania là dov’egli aveva seminato il seme buono. Eppure, ai servi che gli fanno notare l’accaduto, impedisce di tagliare fin dall’inizio l’erba cattiva.

Perché questo padrone ferma lo zelo di quanti, in definitiva, vogliono solo difendere la sua opera? La domanda ci introduce nel mistero abissale dell’amore di Dio. Nel libro della Sapienza (è la prima lettura) si legge: “Padrone della forza, tu giudichi con mitezza… dopo i peccati, tu concedi il pentimento”. La giustizia degli uomini deve fermarsi davanti al mistero della misericordia. Potremmo dire che da questa parabola inizia la storia della tolleranza cristiana, come anche quella del suo tradimento.

È una parola che secca alla radice l’erba davvero malvagia del manicheismo, di ogni contrapposizione possibile tra buoni e cattivi, tra giusti e ingiusti. C’è qui, in nuce, non solo l’invito ad una illimitata tolleranza, ma persino al rispetto per il nemico, anche se fosse un nemico non solo personale ma della causa più giusta e più santa, di Dio, della giustizia, della nazione, della libertà.

Questa parabola, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura della pace. In questi tempi, in cui assistiamo al proliferare di tragici conflitti locali e alla facile ricerca di capri espiatori, è necessario riproporre questa parola evangelica per privilegiare, o quantomeno non escludere, il momento del dialogo e delle trattative. Non è segno di debolezza e di cedimento.

Vuol dire concedere ad ogni uomo la possibilità di scendere nel profondo del proprio cuore per ritrovare l’impronta di Dio e della sua giustizia. Questo richiede l’intelligenza e, perché no, la furbizia di guardare in faccia il proprio nemico e di riconoscergli la buona fede e lo stesso desiderio sincero di pace.

Questo vuol dire superare la logica del nemico. La parabola non dice che non ci sono nemici; tutt’altro. Indica, però, un modo diverso di trattarli: alla mietitura violenta, che rischia di strappare anche la pianta buona, sono da preferire la paziente selezione e l’ attesa. È una grande saggezza che contiene una forza incredibile.

Davvero questa parola di tolleranza e di pace è simile a quel granellino di senape e a quel pugno di lievito. Se la lasciamo crescere dentro di noi e nel profondo della vicenda umana sconfiggerà l’inimicizia e lo spirito di guerra. La decisione del padrone del campo, se accolta, può trasformare l’umanità intera.

La crescita della pianta cattiva non deve spaventarci. Quello che conta è far crescere il più possibile la pianta buona. Così si afferma già sulla terra il Regno dei cieli.

Intenzioni di preghiera

  • Signore, che ti riveli ai piccoli e doni ai miti l’eredità del tuo regno, rendici poveri, umili e sempre confidenti in Te. Guarda con amore tutta la nostra Comunità, sostienila nel suo servizio, benedici i frutti del suo lavoro e proteggila da ogni male.
  • Signore, amico buono degli uomini, che chiami a te chi è affaticato e stanco, guarda oggi a coloro che sono senza speranza, oppressi, colpiti dalla violenza della guerra, della fame, della malattia e dona loro il tuo ristoro.
  • Signore, noi ti preghiamo per il Papa Benedetto, per il nostro vescovo Crescenzio e per tutta la Santa Chiesa perché nel mondo sappia essere segno del tuo amore gratuito e universale.
  • Ti presentiamo o Signore le invocazioni che sono state affidate alla nostra preghiera: ti preghiamo per chi in questo periodo estivo è più solo, per gli anziani, per i malati e i carcerati. Veglia sulla loro vita e fa’ che tutti trovino conforto e consolazione.
  • Ti preghiamo o Signore per gli stranieri che vivono nel nostro paese: perché non subiscano discriminazioni ma trovino porte aperte all’ospitalità e all’accoglienza.