parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione del 29/11/09

1a Domenica di Avvento/C
   

Letture: Geremia 33, 14-16; Salmo 24; 1ª Tessalonicesi 3,12 – 4,2; Luca 21, 25-28.34-36.

 


"Alzatevi e levate il capo, perchè la vostra liberazione è vicina"

Dal Vangelo di Luca capitolo 21 versetti da 25 a 28.34-36

Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l'attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell'uomo venire su una nube con potenza e gloria grande.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina".

State bene attenti che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso improvviso; come un laccio esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra.

Vegliate e pregate in ogni momento, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che deve accadere, e di comparire davanti al Figlio dell'uomo".

vivere l'attesa di colui che deve venire

Per i cristiani inizia oggi un nuovo anno liturgico, col tempo di quattro settimane – detto “tempo di Avvento” – che vuole prepararci a celebrare la nascita di Gesù. Avvento significa “venuta”, e perciò vivere l’attesa di colui che deve venire.

Ma noi oggi ci domandiamo: che cosa aspettano gli uomini e le donne di questa società? Che cosa aspettiamo noi, per la nostra vita, per i nostri figli, per la nostra città, per il nostro mondo?

Non è esagerato dire che oggi si vive senza un’attesa di qualcosa di diverso, di nuovo. Al massimo c’è l’attesa per un riconoscimento di quello che abbiamo fatto, l’attesa di un posto di lavoro, l’attesa di una festa o un evento per me o per la mia famiglia.

Si vive rassegnati sul presente, si è sempre più convinti che le cose non possono cambiare. E quindi si cerca di far andare il meglio possibile le cose che ci riguardano. Non ci sono sogni, prospettive, iniziative per cambiare il mondo. Sono cose lontane, forse utopie dei decenni passati.

Non è una riflessione pessimistica, ma la realtà nella quale siamo immersi. Gli stessi cristiani non riescono a vivere più il Natale come festa cristiana, come la celebrazione della nascita di Gesù, che è qualcosa di sconvolgente, di esagerato: il figlio di Dio che diventa uno di noi, nasce povero, viene posto in una mangiatoia, sperimentando da subito il rifiuto e la inaccoglienza.

Eppure la Chiesa ci chiama a vivere il tempo di Avvento, di queste quattro settimane che precedono il Natale, come un tempo nel quale interrogarci sulle nostre attese, reagendo al vuoto di attese di questo mondo. Noi cristiani attendiamo il Salvatore, cioè colui che è in grado di salvarci da questo ripiegamento su di noi, da una vita che accetta passivamente il presente.

Il Vangelo ci chiama ad essere svegli, a vegliare pregando, per avere la forza di sottrarci a questo sonno rassegnato sul mondo presente. E l’apostolo Paolo esorta a “crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti”.

C’è una domanda grande di amore, ne abbiamo bisogno tutti, ma soprattutto quelli che aspettano di uscire dal buio della loro vita. Ci sono dei segni che preparano la venuta del Signore, che in qualche modo la anticipano.

Ricordiamo la risposta di Gesù, quando i discepoli di Giovanni Battista arrivano da lui? Gli chiedono: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?” (Mt. 11,3). E Gesù risponde: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!” (Mt. 11,4-6).

Sì, ci può scandalizzare che questi siano i segni della venuta del Messia, del Salvatore degli uomini: che i poveri sono sollevati dalla loro miseria, che chi prima non vedeva e non sentiva se non ciò che riguardava solo se stesso, ora comincia a vedere e a sentire; che una luce si accende nella vita buia di tanti.

Noi cristiani abbiamo un futuro, aspettiamo un mondo diverso da quello attuale, crediamo in un cambiamento. E questo viene dal Signore, accolto nella propria vita. Il futuro diverso comincia da me, da noi, quando ci prepariamo ad accogliere Gesù che nasce in una mangiatoia. E lo facciamo preparando un Natale per quelli che Natale non lo celebrano: per i carcerati, per gli anziani negli istituti che nessuno viene a prendere nemmeno il giorno di Natale, per gli stranieri che vivono in mezzo a noi, lontani dal loro paese e dalle loro famiglie, per i malati soli.

Ognuno di noi, con piccoli gesti, con piccoli aiuti, può preparare un Natale di gioia per tanti che aspettano.

Intenzioni di preghiera