parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo

Predicazione dell' 08/02/09

5 ª domenica Tempo Ordinario/B
   

Letture: Giobbe7,1-4.6-7; Salmo 146; 1ª Corinzi 9, 16-19.22-23; Marco 1, 29-39.

 

Egli si avvicinò e la fece alzare

Dal Vangelo di Marco capitolo 1, versetti da 29 a 39

In quel tempo, Gesù, uscito dalla sinagoga, subito andò nella casa di Simone e Andrea, in compagnia di Giacomo e Giovanni. La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei. Egli si avvicinò e la fece alzare prendendola per mano; la febbre la lasciò ed ella li serviva.

Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano affetti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

Al mattino presto si alzò quando ancora era buio e, uscito, si ritirò in un luogo deserto, e là pregava. Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce. Lo trovarono e gli dissero: «Tutti ti cercano!». Egli disse loro: «Andiamocene altrove, nei villaggi vicini. perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!».

E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni. .

UNA vita operosa e gioiosa nel Signore

Il Signore ci chiama a vivere nella sua famiglia

C’è un messaggio molto chiaro che ci viene dal Signore in questa domenica, quinta del tempo ordinario: che noi non siamo fatti per stare da soli, che nella malattia e nelle difficoltà comprendiamo e ci accorgiamo che le nostre forze sono insufficienti. E soprattutto che senza Dio e senza i fratelli che il Signore ci dona, la nostra vita non conosce la vita vera.

Il libro di Giobbe ci riporta le parole di un uomo malato, preso dallo sconforto, che cerca luce, cerca calore umano, cerca aiuto. E il Signore ci fa conoscere che c’è la risposta a questo dolore, a questo bisogno di aiuto.

Gesù si fa carico delle nostre domande e dei nostri bisogni

E il Vangelo ci fa incontrare con Gesù che, dopo aver partecipato alla preghiera in sinagoga nel giorno di riposo dedicato al Signore, va a casa di Simon Pietro. Simone gli parla della suocera che è malata; e Gesù si accosta a lei, la prende per mano e la fa alzare ormai guarita.

Egli si accosta ad ogni uomo con amore e comunica vita. Al termine del giorno, quando finisce l’obbligo per gli ebrei del riposo, restando a casa, vediamo una folla di malati di ogni genere affollarsi alla porta di quella piccola casa. E Gesù guarisce tutti, ma non vuole che si scopra la sua vera identità, quella del Messia, del Salvatore inviato da Dio. C’era il pericolo di conseguenze gravi col potere politico, il potere romano che dominava in Palestina: egli poteva essere accusato di sovversivismo.

La preghiera di Gesù, la sua comunione col Padre

Ma l’uscire di Gesù da quella casa quando è ancora buio per stare in un luogo appartato e poter pregare, ci fa comprendere che ogni giorno noi abbiamo bisogno del nostro colloquio col Signore: è uno spazio vitale per noi, ossigeno per le nostre umanità inquinate ogni giorno da pensieri e comportamenti di divisione, di sopraffazione, di distanza dagli altri.

E poi era molto facile per Gesù stare contento per quello che aveva operato a Cafarnao, la città di Simone e Andrea, di Giacomo e Giovanni. E accomodarsi, restare in quel luogo, limitando la sua parola e la sua azione a quelle persone.

Dal Signore impariamo ad andare oltre

Di fronte alla tentazione di accomodarsi, possiamo dire la tentazione della sedentarizzazione, di adagiarsi nelle abitudini di quello che già so, che già faccio, Gesù risponde a Simone: “Andiamocene altrove, nei villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!”. Come è facile accontentarsi di quello che già viviamo, accontentarsi di quello che si è e si fa!

Se abbiamo ricevuto il dono di una vita che si apre all’amore del Signore, come non sentire l’urgenza di non tenere per sé quello che gratuitamente, senza alcun nostro merito, abbiamo ricevuto, ma comunicarlo agli altri? L’apostolo Paolo, che si sentiva graziato, amato di un amore che non meritava, questo lo ha compreso molto bene: “annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone: guai a me se non annuncio il Vangelo!”.

Al Signore giungono tante invocazioni di aiuto

Possiamo noi restarcene quieti e tranquilli dinanzi alla sofferenza di tanti? Dinanzi a tanti che sono sconsolati, che ripetono le stesse parole di Giobbe afflitto per la malattia e la solitudine in cui è stato lasciato?

“Se mi corico dico: quando mi alzerò? La notte si fa lunga e sono stanco di rigirarmi fino all’alba”: pensiamo a quelli che soffrono senza nessuno che sia loro vicino; a quelli che vivono all’aperto, al freddo dell’inverno, spesso nell’indifferenza di quelli che passano accanto. Pensiamo alle notti lunghe di chi è solo in ospedale e sembra che il giorno non venga mai. Pensiamo anche a quelli che vivono una vita senza una direzione, senza un senso, senza una guida.

Annunciare il Vangelo è per me, per noi, una necessità. Il Vangelo è comunione, è compassione, è amicizia, è fraternità, è vicinanza. Il Vangelo ci comunica la vita di Dio, l’amore di Dio; e ci cambia il cuore.

Far soffiare i venti buoni della compassione, della misericordia, dell’accoglienza

C’è una urgenza che avvertiamo anche noi in questo tempo: sembra montare una corrente di intolleranza verso chi è diverso, verso chi viene da lontano; la vita stessa che si allunga non la si vive come un dono, gli stessi anziani cominciano tante volte ad essere sentiti come un peso e si comincia a metterli da parte, ad allontanarli dalla famiglia.

A questa corrente di disumanità occorre rispondere con una corrente di umanità, di vicinanza, di sentimenti di compassione; testimoniando una vita diversa aperta agli altri, comunicando parole e comportamenti di comprensione e di aiuto. Le parole dell’apostolo Paolo ci spronano, ci spingono a fare altrettanto: “mi sono fatto debole per i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutti per tutti, per salvare a ogni costo qualcuno. Ma tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe anch’io”.

Non è tempo di adagiarsi, non è tempo di starsene tranquilli. Se ascoltiamo le parole del Signore, ci mettiamo ogni giorno in cammino con Lui, nei diversi luoghi della nostra città, e ci facciamo attenti anche alle voci che vengono da lontano e che chiedono aiuto.

Intenzioni di preghiera:

  • Ti ringraziamo o Signore, nel suo 41 anniversario, perché il tuo Spirito ha suscitato la Comunità di Sant’Egidio, come dono alla Chiesa e al mondo. Ti preghiamo di benedirla e custodirla nelle vie difficili del mondo perché sia sempre sorgente di amore per i poveri, approdo per chi ti cerca, casa di pace dove nessuno è straniero.
  • Signore, tu che sei ricco di bontà e di misericordia, ascolta la nostra umile preghiera: fa’ che sull’esempio degli apostoli, sappiamo seguirti anche noi nel futuro, confidando nella tua Parola.
  • O Signore ti preghiamo per la Santa Chiesa perché sappia rispondere alla tua chiamata con generosità ed impegno e sia nel mondo un segno di speranza. Proteggi il Papa Benedetto, il nostro vescovo Crescenzio.
  • O Signore accogli le invocazioni che ti presentiamo e che sono state affidate alla nostra preghiera. Tu che con la tua vita ci hai insegnato ad avere compassione di chiunque sia nel dolore, fa’ che imitando te possiamo dare consolazione a chi soffre, a chi è solo e malato.
  • O Signore che chiami questa tua Comunità ad una missione di pace e di carità in questo mondo, rendi forti i sentimenti, le volontà, i disegni di pace. Cancella le passioni, gli odi, le violenze perché regni ovunque per la tua grazia e con la cooperazione degli uomini, la pace.