e

parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 17/07/05
Domenica 16ª Tempo Ordinario /A
   

Letture: Sapienza 12, 13.16-19; Salmo 85; Romani 8, 26-27; Matteo 13, 24-43


" Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo"

Dal Vangelo di Matteo, capitolo 13 versetti da 24 a 43

24Un`altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. 25Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò. 26Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania.

27Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? 28Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? 29No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. 30Lasciate che l`una e l`altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».

31Un`altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. 32Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».

33Un`altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
34Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, 35perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta:Aprirò la mia bocca in parabole,proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.

36Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». 37Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell`uomo. 38Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, 39e il nemico che l`ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. 40Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo. 41Il Figlio dell`uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità 42e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. 43Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!

Il Signore ci insegna la via del dialogo
e della pacifica convivenza

Il regno di Dio in mezzo agli uomini

La predicazione sul regno dei cieli è centrale nelle parole di Gesù. Il Vangelo ci presenta tre parabole nelle quali Gesù paragona il regno agli steli del grano costretti a convivere con la zizzania, ad un piccolo seme di senape, e al lievito che fermenta una massa di farina.

La parabola della zizzania è stata forse tra le parole evangeliche decisive in alcuni momenti storici. Una lunga vicenda di guerre di religione, condotte da cristiani, ha trovato principalmente in questo testo scritturistico un ostacolo capace di indurre riflessioni e dubbi. Il padrone del campo, infatti, ha un comportamento singolare. Egli si rende conto che un nemico ha seminato la zizzania là dov'egli aveva seminato il seme buono.

Eppure, ai servi che gli fanno notare l'accaduto, impedisce di tagliare l'erba cattiva fin dall'inizio. Perché questo padrone ferma lo zelo di quanti in definitiva vogliono solo difendere l'opera sua?

La domanda ci introduce nel mistero dell'amore di Dio che è più grande delle nostre logiche. Potremmo dire che da questa parabola inizia la storia della tolleranza cristiana, perché secca in radice l'erba malvagia del manicheismo, tra giusti e ingiusti. In essa c'è non solo l'invito ad una illimitata tolleranza, ma persino al rispetto per il nemico, anche quando fosse nemico non solo personale ma della causa più giusta e più santa, di Dio, della giustizia, della nazione, della libertà.

La logica di Dio è l'amore

Questa parabola, così lontana dalla nostra logica e dai nostri comportamenti, fonda una cultura di pace. Oggi, mentre proliferano tragici conflitti, questa parola evangelica è un invito all'incontro e al dialogo. Tale atteggiamento non è segno di debolezza e di cedimento. È concedere ad ogni uomo la possibilità di scendere nel profondo del proprio cuore per ritrovare l'impronta di Dio e della sua giustizia.

Questo richiede l'intelligenza e la furbizia di guardare in faccia il proprio nemico, e di riconoscergli la buona fede e lo stesso sincero desiderio di pace. Così si supera la logica del nemico. La parabola non dice che non ci sono nemici. Tutt'altro. Indica però un modo diverso di trattarli: piuttosto che la mietitura violenta, che rischia di strappare anche la pianta buona, è da preferire la paziente selezione ed attesa. E una grande saggezza che contiene una forza incredibile.

Davvero questa parola di tolleranza e di pace è simile a quel granellino di senape e a quel pugno di lievito. Se la lasciamo crescere dentro di noi e nel profondo della vicenda umana sconfiggerà l'inimicizia e lo spirito di guerra.

La decisione del padrone del campo, se accolta, può trasformare l'umanità intera. La crescita della pianta cattiva non deve spaventarci. Quel che conta è far crescere il più possibile la pianta buona. Così si afferma già sulla terra il regno dei cieli.

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