parrocchia
san Gennaro all'Olmo - Napoli

la Bibbia
Vangelo festivo
Predicazione del 14/03/04
3ªDomenica tempo Quaresima - anno C
 

Letture: Esodo 3, 1-8. 13-15; Salmo 102; 1Corinti 10, 1-6.10-12; Luca 13, 1-9.

"Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa "

Dal Vangelo di Luca,
capitolo 13 versetti da 1 a 9.

1Si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.

2Prendendo la parola, Gesù rispose: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? 3No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.

6Disse anche questa parabola: “Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? 8Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest’anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime 9e vedremo se porterà frutto per l’avvenire; se no, lo taglierai”.

CHIAMATI AD ESSERE UN POPOLO
SOLIDALE CON TUTTI GLI UOMINI

Quali i frutti della nostra vita?

Stiamo percorrendo il cammino santo della Quaresima, un cammino in cinque tappe, una ogni domenica. Ogni domenica ci interroghiamo sul cammino percorso.

La prima domenica è stata quella delle tentazioni di Gesù nel deserto; la seconda quella della trasfigurazione, cioè un uomo può diventare luce per gli altri. Oggi è la terza tappa, quella dei frutti dell’albero: quali i frutti della nostra vita?

Il vangelo ci presenta alcuni che vengono a Gesù; gli raccontano che dei Galilei sono stati uccisi a Gerusalemme e altri sono morti schiacciati dal crollo di una torre. E gli chiedono: Perché sono stati uccisi? Forse questo era il loro destino?

Oggi ci sono fatti ben più gravi di quelli raccontati a Gesù: perché sono stati uccisi brutalmente quelle persone di Madrid, che andavano al lavoro? Su quei treni c’erano anche bambini di pochi mesi, anch’essi brutalmente colpiti? E i tanti che muoiono ogni giorno in Iraq e in Terra Santa? Riteniamo noi di avere un destino migliore del loro?

Non essere indifferenti al destino tragico di tante persone

Noi ci crediamo persone sensibili perché ci commuoviamo facilmente su noi stessi, sulle nostre piccole sofferenze; queste emozioni ci fanno ritenere sensibili, mentre siamo indifferenti al tragico destino di queste persone o di quelli che vivono di stenti e muoiono per fame in paesi disastrati e bisognosi di tutto, o vivono anche nella nostra città; mentre noi stiamo nell’abbondanza.

Il Signore chiama Mosè che, pensando alla sua sistemazione, si era dimenticato di far parte di un popolo, aveva dimenticato che quel popolo era fatto di uomini e donne legati da un unico destino. E a quel popolo lui apparteneva.

C’è nella storia umana la vicenda di Caino e Abele che si ripete: eliminare il fratello come compagno indispensabile per la propria vita e per il futuro degli uomini.

Siamo parte di un popolo legato da un unico destino

Il Signore ci sta facendo scoprire la dimensione di essere un popolo di sorelle e fratelli, che è chiamato ad essere solidale con il destino di tutti gli uomini. Noi non possiamo salvarci individualmente, gli altri non sono degli estranei, ma persone che camminano con noi, a cui siamo legati da un comune destino.

“Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo” (Luca 13, vv.2-3).

Non ci rinchiudiamo nei nostri orizzonti, nei nostri schemi, prigionieri del nostro consumismo, sempre pronti a giustificarci da soli.

Il Signore che si è manifestato a noi, da noi aspetta dei frutti

Eppure è legittimo aspettarsi da noi dei frutti. Il Signore si è fatto conoscere, si è manifestato a noi come ha fatto con Mosè. Ci ha parlato, ha protetto col fuoco del suo amore la nostra vita. Ci ha riportato dai fratelli che avevamo dimenticato, ha fatto di noi una famiglia, ha riunito le nostre vite disperse.

Questo luogo in cui la domenica egli si manifesta e ci parla è un luogo santo. Non facciamo l’abitudine al Signore che ci parla, ai fratelli e sorelle che sono diventati compagni nel cammino.

“Togliti i sandali dai piedi, perché il luogo sul quale tu stai è una terra santa!”(Esodo 3, 5).

Il nostro cuore non si misuri sui nostri calcoli e sulle nostre convenienze. Si misuri sull’amore e sulla pazienza con cui il Signore si prende cura di noi. E aspetta dei frutti.

Noi siamo quel fico piantato nella vigna del Signore. Egli viene a cercare frutti per nutrire e sfamare un popolo che è ramingo, in cerca di un riparo, di qualcosa che nutra la sua vita, che colmi il suo desiderio di consolazione e pace.

Liberarci da una vita mediocre e diventare capaci di riunire i dispersi

Noi aderiamo ancora tanto alla mentalità del nostro tempo. La Quaresima è il tempo in cui ritirarsi dalla mentalità di questo mondo, vivendo con Gesù e resistendo con lui alle tentazioni. Nella calma, nella preghiera, nel digiuno dal nostro consumismo, nell’abbandono confidente.

Il Signore dice a Mosè:

“Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco infatti le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo” (Esodo 3, 7-8).

In questo sforzo del tempo di Quaresima, il Signore ci invita a tornare a lui con tutto il cuore, a sganciarci dalle nostre abitudini e giustificazioni. Egli ci vuole liberare dalla nostra vita mediocre, dalle nostre distrazioni, dai nostri piccoli conflitti quotidiani con gli altri. E come Mosè diventeremo capaci di riunire i dispersi, di invitare altri a conoscere la Parola di Dio, aiuteremo i poveri nella loro debolezza.

Preghiamo con fiducia, preghiamo con insistenza. Nella preghiera il Signore ci condurrà alla liberazione del cuore da noi stessi.

Non è lo stare materialmente insieme, o il dire “io faccio già qualcosa per gli altri” che ci fa persone dal cuore nuovo, ma il mettersi in ascolto, accogliere nel nostro intimo l’invito a stare col Signore Gesù, e lasciarci trasformare, lasciarci coinvolgere, lasciarci trasfigurare da Lui.