Parrocchia
s
an Gennaro all'Olmo
Napoli

Preoccupazione Ecumenica
Negli ultimi anni sembra che ci sia meno attenzione al problema dell'unità delle Chiese cristiane. Ma tanti gesti di preghiera comune, di collaborazione, spianano la strada alla comprensione e alla unione

Icona di martiri cristiani del '900

A Roma, sull’isola Tiberina, c’è la basilica di San Bartolomeo che papa Giovanni Paolo II ha voluto dedicare alla memoria dei martiri cristiani del ‘900, non solo cattolici, ma anche delle altre chiese cristiane.

Egli scrive nell’enciclica “Ut Unum sint” del 25 maggio 1995 (n.1):
La testimonianza coraggiosa di tanti martiri del nostro secolo, appartenenti anche ad altre Chiese e Comunità ecclesiali non in piena comunione con la Chiesa cattolica, infonde nuova forza all'appello conciliare e ci richiama l'obbligo di accogliere e mettere in pratica la sua esortazione. Questi nostri fratelli e sorelle, accomunati nell'offerta generosa della loro vita per il Regno di Dio, sono la prova più significativa che ogni elemento di divisione può essere trasceso e superato nel dono totale di sé alla causa del Vangelo.

Il papa rinnova e ripropone con determinazione l’invito all’unità, ricordando che uniti nella sequela dei martiri, i credenti in Cristo non possono restare divisi.

Bisogna fare tutto il possibile, con l’aiuto di Dio, per abbattere muri di divisione, di diffidenza, per superare ostacoli e pregiudizi, che impediscono l’annuncio del Vangelo della salvezza.

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Sepe assieme al vescovo ortodosso rumeno Siluan per l'affidamento della chiesa di SS. Andrea e Marco evangelista

I rapporti di amicizia del nostro Cardinale – il cardinale Crescenzio Sepe - con vari esponenti delle Chiese cristiane, particolarmente con gli ortodossi, col patriarca Kyrill della Chiesa ortodossa russa, col patriarca Bartolomeo di Costantinopoli, l’aver dato una Chiesa alla Comunità ortodossa russa che vive a Napoli e anche un’altra alla Comunità ortodossa rumena - ambedue le chiese si trovano nel centro storico di Napoli - sono un esempio e uno stimolo da raccogliere personalmente.

Il Concilio Vaticano II esprime la decisione della Chiesa di assumere il compito ecumenico a favore dell'unità dei cristiani e di proporlo con convinzione e con vigore, quando afferma nel decreto Unitatis Redintegratio: "Questo Santo Concilio esorta tutti i fedeli cattolici perché, riconoscendo i segni dei tempi, partecipino con slancio all'opera ecumenica”.

Gesù, nell’ora della sua Passione ha pregato “perché tutti siano una cosa sola” (Gv. 17,21). Abbiamo visto che in questi ultimi anni è caduta la tensione all’unità, vanno diradandosi le iniziative di incontro e di conoscenza, di amicizia e collaborazione reciproca. E questo ci fa riflettere e ci fa comprendere che non ci può essere vera azione ecumenica senza conversione interiore. “Infatti – afferma il decreto conciliare Unitatis Redintegratio - il desiderio dell'unità nasce e matura dal rinnovamento dell'animo, dall'abnegazione di se stessi e dal pieno esercizio della carità”.

Bisogna dire con sconcerto che oggi c’è scarso interesse per l’unità. Abbiamo fatto l’abitudine alla divisione e separazione che vengono da una storia lontana, ma bisogna dire che la disunione dei cristiani è un peccato. Perché costituisce una negazione dell’amore cristiano.

Ci è stato comandato di amarci l’un l’altro, eppure i cristiani sono spesso colpevoli di trattarsi l’un l’altro con un tale sospetto e con una tale circospezione, che risulta difficile percepire che essi si amino l’un l’altro. È vero, non ci mettiamo più sul rogo a vicenda, ma dov’è quell’intensità di affetto reciproco che è richiesta dall’amore cristiano?

La divisione pesa sulla missione che abbiamo di comunicare il Vangelo. La nostra unità, dice Gesù, è “perché il mondo creda” (Gv. 17,21). Non possiamo annunciare il Vangelo della riconciliazione, se lo neghiamo attraverso la nostra disunione.

La Chiesa non può essere un attore di riconciliazione pienamente efficace dal momento che è essa stessa divisa.

Il cardinal Kasper ha scritto: “L’ecumenismo non ha a che fare con la pubblicazione di documenti. Lo Spirito Santo è venuto col fuoco, non con la carta; e il fuoco brucia la carta”.

Sedere fianco a fianco con i nostri fratelli delle altre chiese cristiane, come collaboratori del Vangelo. Anche mangiare assieme. Il cardinale Sepe è rimasto stupito e contento dell’accoglienza avuta l’anno scorso a Mosca e del clima fraterno che ha respirato col patriarca, anche nei momenti conviviali. E questo si ripercuote positivamente nei rapporti nella nostra città con i rappresentanti di queste chiese sorelle.

Ai pranzi di Natale con i poveri, organizzati dalla Comunità di sant’Egidio, assieme al cardinale ha partecipato più volte il parroco della Chiesa ortodossa russa, padre Andrej. E alla marcia del 1 gennaio 2011, conclusasi in Cattedrale, ha partecipato padre Simeone della Chiesa ortodossa rumena, assieme ai suoi bambini.

L’unità della Chiesa non è solo importante, è fondamentale per manifestare che essa è il corpo di Cristo ed esprimere il suo amore al mondo. Ogni gesto che avvicina, che ci fa conoscere vicendevolmente, porta sempre frutti positivi. E ci rende anche più credibili di fronte al nostro popolo. Siamo di fronte ad alcune nuove sfide ed opportunità che rendono la crescita della solidarietà cristiana più urgente.

Certamente abbiamo bisogno, come dice sant’Agostino, di una vita di Chiesa in cui vi sia "in certis unitas, in dubiis libertas et in omnibus caritas" (unità nelle cose certe, libertà in quelle dubbie, e in tutto la carità, l’amore). Ma siamo anche chiamati a lavorare urgentemente e con forza insieme, per servire i più poveri e i più vulnerabili tra i nostri vicini nelle concrete realtà in cui viviamo.

Severino
Preghiera ecumenica nella
Basilica di San Severino - Napoli

In uno dei vari pranzi di Natale con i poveri, in quello nel carcere di Secondigliano – la scorsa settimana - abbiamo iniziato con la celebrazione della liturgia terminando poi con un pranzo gioioso, in comune. Nella celebrazione liturgica, durante la predicazione si era parlato dei cristiani copti che in Egitto avevano subito un attentato all’uscita dalla loro Cattedrale, invitando tutti a pregare per questi nostri fratelli. Al termine un detenuto in carrozzella, si è avvicinato al celebrante visibilmente commosso, dicendo: “grazie padre per quello che avete detto: io sono un egiziano, un cristiano copto. Grazie per aver parlato di noi e di avere pregato per la nostra Chiesa cristiana”.

Ricordiamo l’insegnamento di Gesù trasmessoci dall’apostolo Paolo quando dice: “Rendete piena la mia gioia con un medesimo sentire e con la stessa carità, rimanendo unanimi e concordi” (Fil. 2,2). L’impegno ecumenico è assolutamente essenziale se vogliamo essere efficaci testimoni del vangelo di Gesù Cristo.

Piccole iniziative di conoscenza, di incontro, di comunione fraterna con i fratelli delle confessioni cristiane presenti nella realtà della nostra città, possono aiutarci a vivere il comandamento di amore del Signore.Gesti piccoli, semplici, concreti faranno bene ai nostri fratelli delle altre chiese cristiane e certamente anche a noi.